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Inglese per i più piccoli: i playgroups

PlaygroupSi chiamano “playgroups” e non sono lezioni di lingua. Sono, appunto, “gruppi di gioco”.

Sono l’ideale per bambini tra 0 e 4 anni e non sono, in fondo, una qualche invenzione geniale: si tratta di applicare ad un momento di gioco collettivo l’approccio naturale alla cosiddetta lingua 2 (che sia l’inglese o che si tratti di altre lingue: se ne trovano per lingue quali francese, tedesco o spagnolo).

Ma qual’é l’approccio naturale? E’ quello che ha un native speaker, insomma un madrelingua. Nel playgroup non si usa, quindi, il metodo traduttivo, tipico della lezione di lingua, del tipo: “come si dice mela in inglese? Si dice apple!”. No, quello serve a poco per gli adulti (salvo che non siano veramente motivati) e quasi a nulla per i bambini. Lo dimostra il fatto che migliaia di famiglie continuano a mandare i propri figli a lezioni extrascolastiche di inglese e che tali figli escono sapendo magari le regole del genitivo sassone o del present continuos salvo non capire nulla se messi in un gruppo di madrelingua.

Capire qualcosa, infatti, decodificare suoni e tradurli in messaggi aventi un senso, è forse il “grado zero” della comprensione di una lingua. Allora perché continuiamo a parlare ai bambini in italiano e dire loro, sempre in italiano, che la tal cosa in inglese (ma potrebbe essere anche francese, spagnolo, ungherese o cinese mandarino, ovviamente) si dice nel tal modo?

E’ necessario qualcos’altro, qualcosa di più naturale e di più semplice, semplice come una mamma che parla al suo bambino, nella sua lingua, che sia arabo, hindi o turco.

Ebbene, nel playgroup si ripropone questo schema (schema più che metodo: il playgroup è l’invenzione dell’acqua calda, in fondo): lo schema della lingua nel suo setting naturale, con la differenza che il playgroup è artificiale.

Ma come si svolge? I bambini entrano in una stanza, accompagnati dalla mamma o dal papà o da una figura terza che però sia, per loro, un solido riferimento affettivo, dalla nonna alla babysitter. In quella stanza si parla solo la lingua 2.  Il playgroup sarà quindi quell’occasione per rendere sociale e collettiva una lingua che altrimenti rimarrebbe confinata in uno “spazio a due”.

Chi, fra gli adulti presenti, non la conosce per niente, si limita a tacere o a ripetere qualche suono. L’insegnante, che qui è più mediatore che docente, ma che deve essere comunicativa, allegra e simpatica (parlo al femminile ma può declinarsi anche al maschile, ovviamente!) saluta i bambini e propone canzoni, filastrocche, nursery rhymes, giochi o pattern adeguati all’età del bambino.

Ci saranno playgroup per bimbi sotto l’anno di età dove si canterà molto e si useranno pupazzi morbidi e colorati che, poverini, l’italiano non lo capiscono e parlano solo inglese.

Via via che i pupi crescono, i giochi cambieranno: per i cosiddetti toddler, tra 1 e 3 anni, potranno esserci giochi di movimento, a 4-5 anni, viceversa, si utilizzeranno di più i libri. I bambini talvolta diranno qualcosa in italiano ma nessuno ripeterà quello che hanno detto o risponderà loro in italiano, bensì sarà ripetuto o risposto loro in inglese.

Per evitare rifiuti, meglio portarci il bambino o la bambina prima che parli bene l’italiano. E, ovviamente, il genitore si deve divertire. E’ un momento da passare con il proprio bambino, avendo spento cellulari e tablet, guardandolo agire in un gruppo di coetanei. Certo, poi ci sono le differenze individuali. E’ come per i corsi di musicainfasce: alcuni bambini li adorano, altri non si trovano.

Con i bambini più grandicelli e ‘rodati’ il playgroup sarà il momento anche per parlare con gli altri adulti, MA RIGOROSAMENTE nella lingua 2, mentre i bambini hanno momenti di gioco libero.

Ma dove si trovano i playgroup? La mia amica Letizia Quaranta, fondatrice di Bilingue per Gioco ne organizza in tutta Italia http://learnwithmummy.com

Ma se Bilingue per Gioco non è vicino, nulla vieta di organizzarsi il proprio playgroup, anche se, in questo caso, funziona meglio se si è già genitori bilingui o se si hanno molti amici madrelingua.

Ma per un bambino italiano che a casa e a scuola parla italiano, i playgroup funzionano? Si, se si ha molta costanza e se si cerca di riproporre anche a casa qualcosa di quel metodo, magari utilizzando la mediazione degli stessi giochi, schemi o libri del playgroup.

Insomma non occorre che il playgroup sia quotidiano, basta che le attivitá del playgroup entrino nel quotidiano. Se il luogo e il tempo dell’inglese sarà solo quell’ora a settimana del playgroup il bambino non diventerà certo bilingue, semmai avraà acquisito familiarità con i suoni della lingua e tenderà a non rifiutarla quando gli sarà proposta in altri contesti.

Per diventare bilingue, sia pur non bilanciato, un bambino ha bisogno di essere immerso in un ambiente in lingua (almeno) per il 20% – 25% delle sue ore di veglia (ossia escluso il sonno). Attenzione, però, a fare i conti: secondo gli studiosi di bilinguismo, in questo 20% delle ore di veglia vanno conteggiate le situazioni in cui c’è un uso attivo della lingua, da essere umano ad essere umano.

Il cartone animato in inglese è un di più, ma non va calcolato: si potrebbe rimanere delusi. Piuttosto, quando si può, meglio prendersi una ragazza alla pari o una babysitter madrelingua inglese, possibilmente una che in italiano sappia dire solo “ciao” e “gelato”!

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