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Figli maschi: complicati nelle cose semplici e semplici nelle cose complicate

educazioneglobale figli maschi figlie femmineDa qualche anno, alla veneranda età di 45 anni, sono alle prese con un figlio maschio. Prima che le eventuali coetanee si offendano,  tuttavia,  vorrei chiarire che l’aggettivo “veneranda” corrisponde più ad una percezione interiore che ad uno stato di cose. In Italia, infatti, abbondano le quarantenni al primo figlio (il che forse biologicamente è una patologia ma, sotto altri profili, non lo è).

Per me, però, che, come qualcun’altra, ho cominciato a figliare tredici anni fa, il “veneranda” corrisponde alla sensazione di essere già passati di qui: gravidanze,  parti, allattamenti,  primo sorriso, primi passi, prime parole, spannolinamento… è tutto un dejà vu.

Ossia, mi correggo, sarebbe tutto un dejà vu, se non fosse che ogni figlio è diverso dal precedente e che è la prima volta che affronto tutte queste questioni con un figlio maschio.

Viaggi

Viaggiare con questo figlio è semplicissimo. In realtà anche le sorelle sono da sempre delle grandi viaggiatrici. Le ricordo in partenza per certe estati a New York con i loro vestitini viola trascinando trolley più grandi di loro.

L’ultimo nato mostra, in più, un caratteristica tipica del genere maschile. Come molti maschi è affascinato da tutto quello che si muove. Mettilo su una macchina per qualche ora, prendi con lui un treno per Milano, fagli sperimentare una metropolitana di Parigi, scarrozzalo su un autobus di Londra e ne fai un uomo felice. Anche l’aereo va bene, purché non troppo a lungo. Se la spassa così tanto che, anche senza viaggiare, si diverte anche sugli scassati mezzi pubblici romani. E così, talvolta, per farlo felice, prendo il tram per qualche fermata e poi lo riprendiamo in direzione opposta. Una cosa da matti, insomma.

Tutto questo per non parlare dell’eccitazione di quando si tira giù dal soppalco una valigia: gli si accendono gli occhi e chiede subito dove andiamo con l’aereo. Attenzione ad abbandonare le valigie per casa, però: se ne appropria subito e gioca all’aeroporto.

Addormentamento

Sono una di quelle mamme fortunate che hanno avuto figli che – più o meno – dormivano.

Ma per dormire uno si deve pur sempre addormentare. Ebbene, con una l’addormentamento fu un calvario per un paio d’anni. La fiaba, la ninna nanna, la compagnia,  il cullamento, il tenere per ore la mano della mamma attraverso le sbarre del lettino, fino a sonno profondo: le fasi le abbiamo passate tutte e ognuna fu peggio della precedente. Non si voleva mai addormentare.

L’altra figlia fu più brava (o meglio educata dai genitori?): si addormentava da sola mugolando  a sé stessa una specie di ninna nanna gutturale. Poi, però, la notte finiva quando diceva lei. Anche verso i 18 mesi c’erano questi bei risvegli alle 5 del mattino, ma, più spesso, verso le 4 o 4,30. La signorina si riaddormentava alle 7, mentre la mamma, esausta, continuava la sua giornata andando al lavoro.

Il figlio maschio, quando ha potuto parlare, ha chiarito subito la sua posizione esistenziale: “I want to go ninna”.  Ho testimoni che hanno visto la scena più volte: si lancia nel letto e fa ciao ciao con la manina.

Mangiare

Mio figlio non è un gigante. Ha un appetito contenuto per essere un maschio. Però drammi con le pappe zero. Se ha fame, mangia. Se non ha fame si ciuccia il dito. Se è stanco, vuole un po’ di latte prima di iniziare a mangiare. Quando ha il momento del rompiscatole si limita ad aspetti secondari: vuole il bicchiere di plastica verde anziché blu, giallo e non verde. Ma capita una volta ogni tanto. Di solito è di ottimo umore.

Spannolinamento

Sul rituale di come togliere il pannolino sono stati scritti quintali di pagine (se le pagine si misurano in quintali). Solo in italiano il tema su Google porta a 30.000 risultati. Mentre in inglese l’equivalente (che si chiama potty training) porta a 14.700.000 risultati.

Con una tal mole di letteratura e di consigli – ed essendoci già passata prima – pensavo che togliere il pannolino sarebbe stato un gioco da ragazzi. Del resto i maschi hanno quella – ahm – propaggine, che dovrebbe rendere facile da visualizzare la produzione di rifiuti liquidi, aiutando, in tal modo, l’impresa.

E invece no.

E’ che su certe cose semplici semplici, questi maschi diventano, improvvisamente, tremendamente complicati.

Mister boy è spannolinato dall’estate scorsa, eppure è tutto una fisima: a casa la pipi la fa solo nel vasino. Nel gabinetto a casa nostra, no (neanche se il vasino sparisce), ma a casa dei nonni o degli amichetti, dove non c’è il vasino, si.

A scuola non c’è verso. Se la tiene e, quando non ce la fa più, va dall’educatrice e si fa mettere il pannolino.

“Mio figlio è un conservatore, non cambia mai abitudini” ho detto ad un altra mamma (una mamma di maschi).

“No”, ha detto lei, “è solo maschio!”.

Ogni bambino è un individuo, ovviamente. La sua personalità contribuisce a definire come la vita si svolge. L’ambiente anche gioca un ruolo. Ma è anche vero che il cervello conosce la differenza di genere: ragazze e ragazzi si sviluppano in modo diverso e usano in modo diverso la loro materia grigia.

Dalla nascita, una bambina tende ad essere più interessati a guardare i colori e i volti umani, mentre un bambino preferisce il movimento e gli oggetti che si muovono. Un po’ di cose sono vere: in media, i maschi si muovono più delle femmine e sembrano ascoltare meno delle femmine quando tenti di disciplinarli (forse perché hanno di default più autostima?); le femmine frequentemente iniziano a parlare prima (sembra una cosa ormai accertata anche nella letteratura scientifica).

Però, fatica fisica a parte, chiedete a qualsiasi madre di maschi e di femmine cosa pensa degli anni preadolescenziali e, in media, dirà che, con un maschio, è una passeggiata.

Una signora di una certa età, madre di 4 tra figli e figlie ormai adulti e nonna di molti nipoti, mi ha detto una volta una frase del tipo: “i maschi? Un parco, un pallone e via, hai svoltato. Le femmine? Prima di arrivare al parco è già buio: neanche sono bambine e già discutono con te per il vestito da indossare“.

Ovviamente era una battuta scherzosa, ma con un suo fondo di verità. Ogni bambino è diverso. E questo, amici miei, è la cosa più bella.

E tu sei una mamma di femmine o di maschi? Se hai qualcosa da raccontare lascia un commento. Ti potrebbero inoltre interessare:

Comments

  1. Cara Elisabetta, posso solo dire che aspetto te e il tuo giovanotto qui a Venezia. Ci sono da provare il vaporetto ed il ferry boat. Ed anche la gondola traghetto: tranquilla, sono solo 50 centesimi al giro, meglio di certe giostre. Per deltaplano e parapendio, invece, magari fra qualche anno!

  2. Ciao, adesso che mia figlia ha sei anni, prima di andare a dormire c’è il rituale della lettura della favola. A volte le leggo io, da libri senza figure cosicchè possa immaginare la storia, altre volte prendo un libro illustrato di quando era più piccola e ci dividiamo i dialoghi tra personaggi. Alcuni li legge lei, altri io.
    Inoltre..benedico la divisa scolastica. Starebbe ore e ore a scegliere un vestito, magari impuntandosi con uno estivo a dicembre…è proprio femmina! Più volte sono scomparsi rossetti e ho trovato i trucchi per terra e guardando meglio ho visto lei e la sua amichetta vestite da principesse con il volto pasticciato.
    Il bello è che lei adora anche le cose da maschio come giocare a pallone e (a suo dire) lo spazio, le stelle e gli astronauti: fino a poco fa era convinta che la luna fosse ripiena di formaggio sotto la scorza grigia e questo lo trovava molto interessante…

  3. La mia esperienza: ho avuto un figlio maschio “con l’ultimo treno”, all’età di cui parla Elisabetta quando dice giustamente che è meglio avere figli da giovani.
    Se il buon giorno si vede dal mattino, lui ne è la dimostrazione. L’ho dovuto portare via prima dall’ospedale con la promessa della terapia marsupio, perché piangeva tutto il giorno finché non lo potevo prendevo in braccio. Da piccolo era affascinato solo, dico solo, dalle cose in movimento, con perplessità della dott.ssa della ASL sul suo sviluppo. Ha camminato prima dell’anno ma non ha detto mezza parola completa fino ai tre, tanto da condizionarmi sulla scelta della scuola in tempi in cui avrei potuto mandarlo a quella internazionale. Ha cominciato a dormire le notti intere intorno alla stessa età e la mattina andavo a lavorare barcollando.
    Con tutte queste premesse si direbbe che sono stata proprio sfortunata.
    E invece le cose hanno preso una certa piega. Pur essendo rimasto un immenso rompiscatole, alla fine è andata che una sera ha cominciato a parlare più o meno come adesso, viene in viaggio con noi da sempre come se fosse a casa sua, a scuola non mi lamento anche se si è buttato sulle materie scientifiche secondo me per pigrizia; spiego, fa matematica pensando ai cavoli suoi mentre invece per scrivere un testo di italiano è costretto a pensare e questo mai!
    Mi fa tenerezza la goffaggine e i timori delle prime simpatie e come un buon numero di maschi, al diniego della prescelta si è buttato immediatamente su un’altra, poi, sapendo che alle medie non la vedrà più, ha mollato pure questa chiedendomi consigli sul da farsi.
    Ha ancora le sue fisse e prende spesso sane “tranvate” in faccia che dovrebbero formargli il carattere.
    Quando parlavo della divisa, del blazer con lo stemma, ora capite che non era un esempio superficiale.
    Quello che Elisabetta dice sulle sorprese è vero.
    Un’estate siamo stati in vacanza a Berlino per un po’. Seguendo le indicazioni trovate sul blog Bilingue per gioco di Letizia (a proposito, ma avete notizie?) l’avevo mandato, a 7 anni, in un kindergarten per tre ore il pomeriggio 14-17, insegnandogli solo – ho fame, ho sete, devo fare pipì-. Il primo giorno mi sono piazzata in un pubbino davanti alla scuola aspettando che da un momento all’altro uscisse Frau Konstanze, questa santa donna che sempre ricorderò, per riportarmelo tra urli e strepiti. Invece li ho visti avviarsi al parco giochi. Dalla faccia ho capito che stava bene, e così è andata per tutti gli altri giorni.
    Con l’inglese, tutto sommato, sono contenta. Devo dire che ci ho lavorato nell’ombra parecchio.
    Ora, crescendo, toccherà adeguarsi e fare Ooooommm più volte al giorno.

    Ama

  4. Buongiorno, mi presento: ho l`etá di Elisabetta, e ho tre figli: un maschio di 13, e due femmine, di 10 e 5. Il maschio nella mia esperienza é il meno problematico. La piu` difficile la seconda, un carattere talmente forte che peró non mi preoccupo e sorrido delle sue ribellioni, non avrá problemi nel fututo. La terza e` un angelo..che ancora ha il pampers!!!! sará un problemino dei terzi o delle mamme quarantenni che lavorano (faccio l`avvocato) e … dimenticano il problema pampers… tanto a 18 anni nn ce l`ha piú nessuno!

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