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Come spiegare a tua figlia… delle api e dei fiori

educazioneglobale Come parlare a tua figliaPrima di scrivere questo post mi sono fatta qualche scrupolo. E non perché io sia in alcun modo bacchettona, giacché sono favorevole a… quasi tutto, ma per via del timore che Google indicizzi i contenuti di educazioneglobale includendovi certe parole, che appunto, riguardano la vita riproduttiva del genere umano e che possono risultare “appetitose” per lo spam. Insomma, a scriverla più chiaramente, non da blogger, ho timore che certe conversazioni virtuali sulle api e sui fiori e sulle altre cose che conseguono, sottopongano questo sito ad ancora più spam di quello che già riceve (e che tu, lettore, non vedi grazie alla paziente opera dell’antivirus e… della sottoscritta).

Tutto ciò detto, andiamo al tema in questione. Come spiegare certe cose ai bambini prima che evolvano rapidamente in adolescenti? Questo problema mi ponevo qualche anno fa mentre le figlie crescevano e si avvicinavano a quella soglia dei 9-10 anni che, per una bambina del mondo moderno, può facilmente, da un momento all’altro, sbocciare in una pubertà neanche troppo precoce.

In generale, fino a quel momento, avevo seguito, in tutte le cose, il principio della domanda e dell’offerta. Di cosa si tratta? Del semplice principio di assecondare la naturale curiosità dei bambini.

Detto in altre parole, a domanda (di conoscenza) davo risposte (si spera corrette).

Pertanto, anche sull’argomento in questione, ossia il sesso, avevo risposto con precisione medica alle domande che loro mi ponevano, ma nulla di più. Durante l’infanzia, queste domande riguardavano, come è frequente, il modo in cui nasce un bambino. Partivano, insomma, dal (possibile) risultato del processo, quello più tangibile: la produzione di un bebè nuovo di zecca.

Già sino a quel momento mi ero resa conto di essere parecchio più disinvolta di tante mamme che conoscevo. Ad esempio, molte non avevano spiegato alle figlie dell’esistenza del ciclo mestruale. La cosa non cessava di sorprendermi perché ho sempre pensato che la cosa peggiore, per una ragazzina, è avere improvvisamente il ciclo e non sapere cosa le è successo. E, poiché nelle femmine non è detto che arrivi a 11 anni e mezzo (è ormai questa l’epoca in cui la maggior parte delle ragazzine italiane hanno il menarca) ma talvolta può capitare anche molto prima (anche ad 8 anni!), mi pareva un delitto celare loro una cosa del genere.

La scusa principale che sentivo da altri genitori aveva a che fare con il timore che la vista del sangue potesse turbare i bambini. In effetti, il sangue è qualcosa che tutti sappiamo di avere dentro e che, quando esce fuori, normalmente, indica una patologia. Che si tratti di sbucciarsi un ginocchio, farsi un taglio ad un dito o avere un sanguinamento dal naso la cosa impressiona molti – persino molti adulti.

Così, la mia prima preoccupazione, quando ciascuno dei miei figli ha chiesto perché perdessi sangue certe volte è stato di spiegare loro che si trattava di “sangue che non fa male”. Devo averlo nominato così la prima volta che la mia primogenita ha fatto la domanda in questione e, poiché avrà avuto si e no 3 anni, non potevo certo tenere un seminario su estrogeni, progesterone e corpo luteo, ed ho cercato le parole più semplici possibili. Le dissi che le donne adulte, una volta al mese, perdono un po’ di “sangue che non fa male” e ciò per quasi tutta la vita ma con una importante eccezione: quando hanno un bambino nella pancia.

Anni dopo, che la primogenita aveva circa 9 anni, cominciavo a pormi il problema di cosa spiegarle e quando spiegarglielo, soprattutto per via del fatto che l’età delle domande era definitivamente terminata. Non chiedeva nulla ma io sentivo di doverle spiegare delle cose su quello che le sarebbe successo di lì a pochi anni, al suo corpo ma anche alla sua mente.

Qui ci si mette in mezzo una sorta di mia vocazione – diciamo – “autistica”. Quando ho una domanda di primo acchitto non cerco mai la soluzione nel confronto con altre persone ma penso sempre: “ci deve essere un libro”. Qualcun altro prima di me ha già avuto questo problema, questo pensiero, questa curiosità e, sicuramente, c’è un libro che ne parla.

Un libro, pensavo, devo trovare un libro. In libreria oggi c’è una certa scelta di libri di educazione sessuale. All’epoca – pochi anni fa – ne trovai 5 o 6 (guardando solo tra quelli in lingua italiana).

Sfogliandoli, tuttavia, mi pareva di saltare da un eccesso all’altro.

C’erano quelli graziosi e leziosi, del genere, appunto, delle api e dei fiori, che sorvolavano su tutto e si concentravano sempre e solo sulla gravidanza; “troppo infantili”, pensai.

Poi c’erano quelli più completi e più medici, ma destinati a giovani adulti: vi si discutevano tutte le possibili pratiche sessuali con dovizia di particolari; a 9 anni mi pareva troppo. Un genitore gioca d’anticipo per essere pronto al momento giusto, non per spingere a forza i bambini fuori dall’infanzia, che già è diventata veramente breve.

Poi, finalmente, mi sono imbattuta nel tipo di libro che stavo cercando. Preciso, ma non troppo anatomico, concentrato sul corpo e la pubertà piuttosto che sulla sessualità (ma con accenni a questa). Nella sua estrema sintesi contiene anche accenni anche agli stati d’animo del preadolescente e giovane adolescente, agli sbalzi di umore e ad alcune delle stranezze che ho descritto nel post Dalle elementari alle medie: genitori di undicenni

Faccio pubblicità a questo libretto di poche pagine volentieri, perché l’ho letto e mi è piaciuto e perché entrambe le mie figlie l’hanno letto un numero indeterminato di volte.

Chi lo vuole lo può comprare in libreria o da questo sito, su Amazon, al link poco più sotto. Si chiama “Che cosa mi succede?” e ve ne sono due versioni: per femmina e per maschio (stereotipicamente e rispettivamente, in rosa e celeste).

 Che cosa mi succede (Ragazze)

Che cosa mi succede? (per Ragazze)

 

 Tra un po’ di anni (mio figlio ha solo 3 anni e mezzo) comprerò anche quello per maschi, ossia

Che cosa mi succede (Ragazzi)

Che cosa mi succede (per Ragazzi)

Non dubito che le risposte che si trovano nei libri possano essere fornite, con altrettanta efficacia dai genitori. Intendiamoci, io sarei stata pronta a farlo. Il problema – e lo dico a chi ha figli ancora piccoli – è che il bambino o la bambina che a 3-4 anni domandava sempre il perché di tutto, si trasforma rapidamente in un tween che parla a monosillabi. E che non rivolge più domande ai genitori: se sei in questa fase dovresti leggere 6 indizi per capire se tua figlia è diventata adolescente…

E dopo questo libro, cosa consigliare? Non lo so perché non ci sono ancora arrivata ma il tempo incalza…

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