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Come studiare in una università nel Regno Unito? La parola all’esperto

educazioneglobale università nel Regno UnitoStudiare all’estero è un progetto accarezzato da molti studenti italiani. Per molti italiani, tuttavia, il termine “estero” si traduce in un solo modo: Regno Unito. La seduzione della lingua inglese è una delle principali motivazioni di questa tendenza (benché, in realtà, il “mercato” dell’istruzione universitaria offra corsi in lingua inglese in tanti altri paesi europei: Olanda, Danimarca, paesi scandinavi; prima o poi ne scriverò).

Per ora, quindi, come già fatto nel post Università in Inghilterra: il British Council ti dà una mano affronterò il tema dal punto di vista di chi vuole andare a studiare in UK. Effettivamente, con i suoi 35.000 corsi universitari da cui scegliere, il Regno Unito è sempre una meta attraente.

Se scrivo ancora del Regno Unito, però, c’è un’altra buona ragione: ho l’occasione imperdibile di intervistare una persona che ha esperienza del sistema universitario inglese per tre motivi. Il primo motivo, più personale, è che vive in UK e ha tre figli all’Università. Il secondo è che all’Università inglese insegna da più di un quarto di secolo, dunque ha ampia esperienza del relativo sistema accademico anche sotto il profilo dell’offerta (chiamiamola, se vogliamo, “supply side education”). Il terzo, guarda un po’, è che, da economista, si occupa anche di education!

Si chiama Gianni De Fraja, insegna Economics all’Università di Nottingham e a Tor Vergata e, oltre a vari articoli scientifici, ha scritto anche articoli divulgativi proprio sul sistema didattico britannico (si veda, da ultimo, Vita da universitario: che differenza tra Italia e Inghilterra!).

educazioneglobale Unibersità nel Regno Unito 2Gianni, intanto grazie di questa opportunità e del tempo che stai dedicando ai lettori di educazioneglobale.loc. L’istruzione è sempre stata un’ossessione britannica: gli inglesi si riconoscono e si distinguono tra loro per come parlano e per dove hanno studiato. Partiamo quindi da una domanda generale: secondo te, ad uno studente italiano conviene studiare nel Regno Unito? Voglio dire, al di là delle differenze – peraltro immense – tra università, ci sono delle motivazioni e delle materie per le quali studiare in UK è veramente meglio che studiare in Italia?

Vi sono due importanti differenze “strutturali” tra le università in Italia e nel Regno Unito. La prima è che nel Regno Unito le materie sono studiate più a fondo, ma c’è meno ampiezza di conoscenza: ad esempio un laureato di economia in UK fa 30 esami di economia, ma può evitare diritto, ragioneria, economia aziendale, le lingue etc. Ci sono eccezioni: una laurea in medicina è equivalente nei due sistemi. La seconda è che nel Regno Unito, al contrario che in Italia, l’insegnamento è calibrato sulle capacità degli studenti di ciascuna università (un corso di analisi matematica per ingegneri è piuttosto simile a Padova e a Palermo, è invece di livello radicalmente diverso a Oxford e Derby). È fondamentale, quindi, distinguere tra un’università inglese e un’altra: non si può generalizzare, così una laurea in economia a Tor Vergata vale sicuramente di più di una in Economics a Poppleton (nome fittizio di università di basso livello, non voglio offendere colleghi…), e sicuramente di meno del PPE a Oxford o del BSc in Economics alla LSE. Quindi, Elisabetta, direi che ci sono lauree migliori in UK, ma anche peggiori; è essenziale aver conoscenze accurate, e non farsi guidare dallo snobismo di affermare che in Inghilterra tutto è meglio che in Italia. Oltre a consultare i classici ranking delle università, che spesso misurano aspetti che allo studente interessano meno, io consiglio sempre di vedere quali sono i requirements di accesso: le università più serie tengono l’asticella più alta, e, avendo studenti migliori, possono offrire corsi più avanzati. È importante anche prendere informazioni personali, leggendo i dettagli dei corsi, studiando le pagine web, e magari visitando di persona un paio di università.

Per accedere alle università del Regno Unito lo studente non può contattare direttamente l’università desiderata, ma deve obbligatoriamente passare per l’eccellente ed efficiente sistema che prende il nome di UCAS (Universities and Colleges Admissions Service) e che rappresenta una sorta di “ingresso unificato” a tutto il sistema universitario. Questo “sistema di ammissione universitario” è parecchio complicato. Gianni, spiegaci qualcosa dell’UCAS. Cosa deve fare lo studente italiano che non ha studiato in una scuola internazionale e, dunque, non è in possesso di titoli quali gli A level?

L’UCAS lo conosco bene, essendoci passato da genitore tre volte, oltre ovviamente ad esserne stato coinvolto come preside/capo dipartimento. Lo studente si registra e seleziona 5 corsi di laurea (quasi sempre in 5 università diverse, ma non è obbligatorio). L’UCAS manda i dettagli dello studente a queste 5 università. Le università poi decidono se ammettere lo studente.

I voti degli A-level necessari per l’ammissione sono ampiamente pubblicizzati sui siti universitari. Come accennavo, tendono a variare moltissimo da università a università e da facoltà a facoltà, e, seppur in misura minore, anche da corso a corso per la stessa facoltà. Le università “buone” si basano solo sugli A-level (i tre migliori), e talvolta richiedono condizioni sui GCSE (ad esempio: tre A-level con voti ABB, e almeno B in GCSE mathematics). Altre università si basano sui punti complessivi della “tariffa”: uno studente può ottenere punti con altri corsi non accademici, o con altre attività (volontariato).

L’esame di Stato italiano è riconosciuto: ogni università, naturalmente, è libera di fissare il voto che preferisce, o di non accettarlo. La corrispondenza tipica è A*AA=95; AAA=90, e così via: ci sono eccezioni: per esempio Nottingham richiede 90/100 alla maturità, nonostante l’offerta tipica sia A*AA. Inoltre occorre aver passato lo IELTS con voto complessivo pari a 7 (e almeno 7 sia in reading, sia in writing). Un altro esempio: la London School of Economics, l’ultima volta che ho sentito, chiedeva 95 (ha un’offerta standard di A*AA, ma con A* in matematica).

Quando cominciare a fare application? Spiegami bene la tempistica per lo studente italiano che segue un corso di studi superiori quinquennale anziché quadriennale.

Il dibattito quadriennale/quinquennale è un po’ fuorviante. In realtà gli anni di scuola sono gli stessi, la divisione è (può essere) un po’ diversa (come spiego qui), quindi lo sviluppo e l’esperienza d uno studente italiano sono simili a quelle del suo collega inglese. Le domande di ammissione vanno fatte, tramite UCAS, in autunno/inverno. Un ragazzo che fa la quarta superiore in Italia (quindi farebbe la maturità nell’estate 2017, per cominciare l’università in autunno 2017), dovrebbe cominciare a pensarci adesso, visto che la domanda va fatta alla fine del 2016. Suggerirei senz’altro almeno una visita a un campus nell’occasione dell’open day (nell’autunno prima di far domanda) e, se possibile, una visita riservata agli offer holders (durante il quinto superiore). È importante rendersi conto di come funziona la vita, non tanto le lezioni, che sono simili in Italia, ma le mense, le case dello studente, le attività extra curricolari, etc.

Non so se sai che molti licei italiani stanno ora adottando nel loro curriculum esami IGCSE in aggiunta al curriculum italiano. Ciò garantirebbe – a sentir loro – maggiori crediti per accedere ad università italiane ed estere. Ho verificato che vi sono università italiane che riconoscono crediti per gli IGCSE. Ma in Inghilterra, dove gli IGCSE (ed il loro equivalente, i GCSE) sono solo il completamento dell’istruzione obbligatoria e dove gli studenti si presentano con gli A levels (per Oxford e Cambridge spesso anche con 9 A levels con voti tra A ed A*, roba da fare impallidire molti 100 e lode del nostro esame di Stato) è vero che aver sostenuto gli IGCSE dà qualche vantaggio?

Per quelle “buone” credo di no: vedi sopra quanto dico della tariff: altre università considerano punti per i GCSE, e quindi anche per quelli internazionali (IGCSE). Alcune università (Oxford, Cambridge, Imperial College, Warwick), oltre agli A-level, chiedono esami specifici (B-Mat, Mat, G-Mat, STEP, Philosophy test): questi sono esami privati, che in UK sono amministrati dalle scuole, all’estero al British Council (credo). Per Oxford questa (e il colloquio) è l’informazione più importante, gli A-level contano meno (ad esempio, per molti corsi, Oxford ha un’offerta abbastanza “bassa”). Nota, Elisabetta, i tempi: le offerte vengono fatte a partire da ottobre, mentre i risultati degli A-level sono ufficiali in agosto. Quindi le università fanno offerte sulla base dei voti previsti comunicati dalle scuole. Sottolineo anche che ad uno studente non conviene farsi predire voti troppo alti, perché deve poi ottenerli!

I GCSE entrano in gioco a questo punto: esistono uffici di ammissione, che dovendo discriminare tra studenti con gli stessi predicted A-level, si basano sui voti ottenuti dagli studenti ai GCSE (che si fanno alla fine del terz’ultimo anno di scuola, e quindi il risultato è noto). Tipicamente, vengono considerati gli 8 voti migliori, e spesso, il voto medio è aggiustato per tener conto della media della scuola.

 

educazioneglobale Università nel Regno Unito 4A parte il voto finale dell’Esame di Stato quali sono, secondo te, le capacità, le conoscenze o i titoli sui quali lo studente italiano deve puntare per accedere al sistema universitario britannico?

Per accedere, direi che basta l’esame di Stato, come spiego sopra. Per completare il corso ci vuole determinazione e coraggio: si è, a 18-19 anni, in un ambiente sconosciuto, diverso da quello che ci sarebbe in Italia, lontano da casa, con un clima, almeno per chi viene dal Po in giù, ben più uggioso, con cibo diverso e una lingua diversa. Passato il primo anno la vita diventa più facile, ci si abitua, e in molti casi ci si entusiasma. Gli undergraduate italiani che ho avuto come studenti avevano una buona preparazione di base e si sono tipicamente laureati con ottimi voti.

Per iscriversi ad un corso di laurea undergraduate presso una delle Università del Regno Unito è ovviamente necessario conoscere bene l’inglese. Per dimostrarlo occorre possedere una certificazione che attesti un’adeguata conoscenza della lingua. Su questo blog, nei vari commenti, è nata una querelle che non abbiamo ancora risolto, sul fatto se sia più utile avere il Proficiency o lo IELTS (anche a parità di voti dei due certificati). Il primo non scade e il secondo sì, entrambi sono attendibili ovviamente perché sono corretti in modo oggettivo. Tu sai cosa convenga tra i due?

Non saprei. Ho chiesto al nostro admission officer, che mi ha detto che si deve avere IELTS o TOEFL, ma gli uffici hanno molta discrezione su questo punto: la cosa da tener presente è che l’obiettivo delle facoltà è evitare di ammettere studenti che fanno fatica a tenere il passo: al contrario che in Italia, dove questi restano indietro con gli esami e vanno fuori corso e/o abbandonano, in UK uno studente che fa fatica richiede riunioni, esami di ripetizione, e una facoltà viene giudicata dal numero di studenti che finiscono bene.

 

E’ vero che prima di iniziare è necessario avere una lettera di referenza scritta da un insegnante dell’istituto dal quale provieni?

Forse non all’inizio, comunque a un certo punto le università la chiedono. I docenti inglesi ovviamente sanno cosa scrivere; in pratica, quando si spiega la richiesta a un docente italiano, è bene che chi la scrive spieghi che conosce personalmente lo studente che raccomanda, e che si attenga a fatti rilevanti (ad es. “è stata capoclasse, non ha mai dato problemi di frequenza, disciplina o puntualità”).  Val forse anche la pena spiegare i voti annuali, definendoli in termini di percentuale nella classe o nella scuola (ad es. “dati i suoi voti, era tra i primi 20 sui 150 studenti del suo anno”): questo è importante, visto che la corrispondenza tra voti all’esame di stato e voti durante il corso di laurea è imprecisa: mentre un voto di maturità di 90/100 è buono, ma non eccezionale, uno studente che abbia la media del 9 nel passaggio dalla terza alla quarta rimane, credo, piuttosto raro.

Le università richiedono anche una “dichiarazione personale” in cui lo studente si presenta, racconta i propri interessi, perché vuole scegliere quel corso di studio e ciò che intende fare in futuro. Come imparare a scrivere un personal statement?

Ci sono siti web con esempi e idee: ci sono anche agenzie che, per un prezzo, ne scrivono uno personalizzato (niente link, perchè non voglio far loro pubblicità). Per questo, molte università non lo considerano importante. E per questo io non ho contribuito a quello scritto dai miei figli. Serve come base per le università che fanno un colloquio, e quindi è essenziale non inventare storie (ad es. “ah, vedo che come hobby fai il paracadutista; anch’io, che tipo di modello usi?”). Per tutti questi motivi non val la pena soffrire troppo per il personal statement: se è scritto troppo bene viene sicuramente ritenuto acquistato, e viene considerato poco; se è scritto male, è genuino, ed essendo scritto da un ragazzo non madrelingua, non causa problemi.

Cosa è il sistema di clearing?

Ah, qui è complicato. Dopo che ha fatto domanda alle sue 5 università, lo studente comincia a ricevere risposte. Queste sono di tre tipi (i) rifiuto; (ii) offerta condizionata all’ottenimento di certi A-level/IB/per l’Italia maturità (e in rari casi speciali altri esami) (iii) offerta non condizionata. Lo studente a questo punto deve scegliere tra le offerte ricevute. Deve scegliere (1) la prima scelta e (2) la seconda, nota come “assicurazione”.

Il terzo giovedì di agosto le scuole pubblicano i risultati. Il sito UCAS apre alle 8 (in pratica qualche minuto prima), e lo studente o legge “congratulazioni, l’università di Poppleton ha confermato l’offerta”, oppure “purtroppo non hai ottenuto i voti necessari”. Nel primo caso, si tratta di pensare al trasloco (tipicamente la stanza è già stata scelta), e andare a scuola per le foto e gli abbracci e saluti agli amici e agli insegnanti.

Nel secondo caso c’è il clearing. Le università ricevono i voti degli esami degli studenti che hanno accettato la loro offerta condizionale tre giorni prima degli studenti, e hanno così tempo di calcolare quanti posti hanno liberi e per quali corsi, e di pubblicizzare queste informazioni sul loro sito web. Questo avviene verso le 18-20 del mercoledì. Giovedì mattina, lo studente che non ha ottenuto i voti che doveva ottenere prende il telefono e si mette a chiamare gli uffici di ammissione delle università che hanno posti, dicendo “ho questi voti, vorrei studiare il corso L101, avete un posto per me?”. Se l’università dice sì, di solito dà un’ora di tempo per confermare. Con la conferma lo studente finisce la ricerca e può mettersi in contatto con gli uffici che gestiscono le case dello studente, e pensare alla propria vita futura. Data la velocità di questo processo (molte università cominciano a chiudere i corsi giovedì a ora di pranzo) è bene essere pronti prima: già due volte (e questo agosto sarà la terza) mercoledì sera ci siamo seduti al PC (io, moglie e figlia) a controllare quali università hanno posti per possibili corsi, a scrivere i numeri di telefono da chiamare e le domande da fare. Lo studente italiano ha il vantaggio che il voto lo conosce prima e può perciò evitare l’ansia del giovedì mattina.

 

E’ vero che da quest’anno le università inglesi, indipendentemente dagli A-level, possono ammettere un numero illimitato di studenti per mezzo dei clearing?

Sì, possono, ma non è detto che vogliano farlo. Avere troppi studenti implica sì maggiori entrate, ma richiede anche molti aggiustamenti (non ci sono aule, stanze, docenti, mense). Una cosa che le università fanno è prendere più studenti in corsi popolari quando non ne hanno abbastanza in altri corsi. Un’altra cosa che le università possono fare è utilizzare l’adjustment: gli studenti i cui voti sono almeno AAB e che hanno un’offerta per un livello più basso possono far domanda a un’altra università, disposta ad accettarli.

Veniamo alla parte dolente: quali sono i costi dell’esperienza universitaria inglese? Quanto costa allo studente internazionale studiare per 3 anni all’università in UK?

Uno studente che riceve il minimo statale, più il contributo obbligatorio minimo dei genitori, ha circa £8000 all’anno (di più a Londra): questo è sufficiente per vitto, alloggio, locali notturni, attività sportive, vestiti, viaggi, etc. Gli studenti italiani non hanno diritto a questo aiuto finanziario pubblico (né in forma di borsa di studio, né di prestito). Hanno invece diritto al prestito per le rette: questo verrà restituito tramite detrazioni dalla busta paga quando si raggiunge il reddito mediano (nel qual caso arriva al 9% addizionale, finché non si è ripagato). Quindi i genitori italiani che sono disposti a far fare vita da studente al figlio, devono prevedere £8000, più extra (visite, etc.). C’è anche un sito che consente di farsi una idea dei costi per lo studente internazionale. Il suggerimento che darei ai genitori e ai ragazzi italiani è senz’altro di utilizzare la possibilità del prestito, cioè di non pagare le rette in anticipo.

Le lauree sono tutte triennali?

No: alcune durano quattro anni, a volte c’è un anno di master “automatic”: cioè facoltativo, ma lo fanno tutti, soprattutto nelle scienze. A volte ci sono anni “gap”: chi fa lingue fa un anno all’estero per pratica; chi fa scienze/ingegneria può fare un anno di stage (placement o internship) in un ambiente lavorativo (laboratori, imprese uffici governativi); c’è chi passa un anno “out in the field” (geologi a scavare rocce, archeologi a scavare rovine, etc.).

La scelta dipende totalmente dall’università: diversamente dall’Italia non v’è regola centrale che affermi che matematica debba essere di quattro anni. È spesso anche possibile cambiare durante il corso: mia figlia, ad esempio, iscritta al secondo anno di un corso quadriennale che prevede un anno “in industry”, può scegliere di non farlo e laurearsi, quindi, in 3 anni. Come hai anticipato all’inizio, ci sono 35,000 corsi, e la flessibilità del sistema è grande.

Ci sono borse di studio per studiare in UK anche per studenti italiani? Dove reperire le informazioni e come accedervi?

Confesso di non essere molto informato. Mentre ci sono università e istituzioni che offrono borse di studio a studenti stranieri, cui quindi un’italiana può far domanda, non conosco alcun caso di borse riservate agli italiani.

Facciamo ora invece il caso dello studente laureato in Italia che voglia specializzarsi nel Regno Unito.  Gli studenti post-graduate devono passare per l’UCAS?

No. Per gli studenti post-graduate, è tutto basato su rapporti diretti tra studente ed università.

Gianni, io to ringrazio moltissimo del tempo che ci hai dedicato. Finisco qui aggiungendo qualche informazione utile anche io. Intanto, volevo segnalare che la piattaforma MOOC EdX offre gratuitamente corsi per la preparazione online dello IELTS. In secondo luogo, che esistono una serie di video messi a punti dall’UCAS per familiarizzare con il processo di selezione per le università. Infine, inviterei chi è interessato consultare il sito dello UK Council for International Students Affairs, per informazioni su esami, residenze e borse di studio. Buona fortuna a chi parte e a chi resta!

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Comments

  1. Chiaramente sul merito del sistema non posso dire nulla, di fronte a uno che lo vive! Mi permetto però di dire la mia sul capitolo costi.
    Primo, il costo va valutato alla “bottom line”, non calcolando voci prese a sè stanti. In proposito, è senz’altro vero che le tasse italiane sono in media più basse, ma non troppo, perchè al Politecnico di Milano si ragiona di 3000 € all’anno, e alla Bocconi di 14.000 €. I corsi però sono più lunghi, sia di diritto – per sfornare un avvocato, riconosciuto in tutta l’UE, in England bastano tre anni più uno di tirocinio retribuito a busta paga, contro gli otto al minimo nostrani- che di fatto, perchè da loro il fuoricorso non esiste, da noi è la quasi regola. Inoltre, come ho visto nei depliant di qualche università in UK, per il soggiorno c’è dappertutto il “cartellino del prezzo”, nel senso che è tutto alla luce del sole, oltre che ragionevole. Vogliamo parlare del nostrano affitto in nero ai fuori sede?
    Secondo, il costo va valutato in rapporto al rendimento. Non mi stanco di ripetere che in UK un laureato medio si situa subito al di sopra dello stipendio medio nazionale mentre da noi, semplicemente, la laurea non paga. Se avete letto a ottobre l’inserto università del Sole 24 Ore, avrete visto i dati ISTAT: a tre anni dalla laurea, il laureato che abbia un lavoro, per quasi tutti i gruppi di discipline, si situa al di sotto dello stipendio medio nazionale, pari per il 2014 a € 1302 netti mensili.
    Non è che si può disturbare ancora il professore per farci dire qualcosa di più sul rapporto fra Università UK e mercato del lavoro?

    1. Grazie Francesco, ti rispondo volentieri. Il reddito medio di “entrata” di un laureato UK è €30.000 (£22.000), se ha un lavoro professionale, €21.000 se non ha un lavoro professionale (circa 1/3 dei laureati ha il primo lavoro non-professionale o è disoccupato). Un’analisi recente e completa è quella del Sutton Trust. Una quantità di dati da far girar la testa è qui. Il messaggio comunque che si estrae da tutta questa informazione, è, come dici tu, Francesco, che laurearsi coviene. Esiste anche ricerca accademica rigorosa, che invece di riportare i dati e semplicemente misurare la differenza tra guadagni di un laureato e di un non laureato, cerca di tener conto del fatto che rispetto a un ragazzo meno bravo, quello capace guadagnerebbe di più anche se non andasse all’università. Tenendone conto, gli autori spiegano che andare all’università in Inghilterra e laurearsi con un voto basso determina un aumento di reddito nel corso della vita del 10%; per chi invece si laurea con voto alto l’aumento è del 17%. Se diciamo 40 anni di lavoro, e un reddito medio di €37.000, questo si traduce in un aumento di reddito totale di €250.000/€150.000 per un laurato con buoni/bassi voti. Un ottimo rendimento in ogni caso, a fronte di un costo di €37.000 per le rette, più una somma simile in vitto e alloggio nei tre anni.

  2. Gentile Professore, intanto grazie per la sua risposta; potremmo poi approfittare ulteriormente della sua pazienza? qui abbiamo visto i dati astratti, ma ci spiega cosa accade in pratica? voglio dire, Tom e Lisa si sono iscritti all’Universita’ di X; si sono laureati o stanno per farlo: in concreto, come accade che arrivano a lavorare con un certo stipendio? In Italia, ci ha gia’ pensato papa’, oppure cominci il pellegrinaggio fra stage, agenzie interinali e lavoretti, in attesa del meglio, che spesso non arriva, e di regola l’universita’ non ti offre alcun supporto. Ho il sospetto, o la speranza, che in UK sia diverso, ma come funziona?

  3. Premetto inanzitutto che esiste senz’altro un “old boys network”, quindi il “figlio di papà” fa sicuramente meno fatica a trovare un lavoro rispetto a chi non ha genitori influenti. Ogni università ha il suo “career service”, dove i datori di lavoro che hanno bisogno di nuovi impiegati disposti a iniziare dopo giugno 2016 mandano informazioni sul tipo di posti (condizioni, posizione, stipendio, etc) per laureati che avranno. Tom e Lisa, studenti dell’anno finale, cominciano a darsi da fare ora (se non lo hanno già fatto): mandano domande, preparano i CV, con l’assistenza del career service, e avranno colloqui nei prossimi mesi: selezione, primo colloquio (di solito il datore di lavoro manda un gruppo in ogni università dove pensano di poter assumere), secondo colloquio (di solito alla sede del datore di lavoro), e poi offerta, tipicamente condizionata a un voto (di solo è sufficiente essere sopra la mediana, in molti casi basta avere un “2.ii”, non proprio equivalente al 66 in Italia, ma davvero poco sopra.

    I miei studenti con cui parlo sono abbastanza soddisfatti del career service: la percentuale di impiegati entro tot mesi è una delle misure con cui si fanno le classifiche di atenei, quindi i rettori ci tengono molto. In ogni caso avere un punto di riferimento centralizzato cui i datori di lavoro mandano le informazioni è senz’altro efficiente e permette allo studente diligente di sapere a cosa è possibile aspirare.

    E le pagine di economia e finanza dei quotidiani hanno spesso profili di persone che hanno successo nel mondo del lavoro (direttore finanziaro di qui, CEO di là, eccetera), e i loro CV sono molto vari, c’è chiaramente tantissima gente che fa carriera avendo studiato in una scuola statale, e poi in un’università di provincia.

    Last but not least. Essere di madrelingua inglese è assolutamente irrilevante, uno studente italiano che si laurei qui è trattato esattamente nello stesso modo di uno studente inglese.

  4. Ciao Elisabetta, sono iscritta a Educazione Globale e ti ringrazio per gli argomenti di cui ti occupi sempre in modo approfondito. Anch’io come tante mamme italiane ormai sempre più numerose ho un figlio che studia all’estero e che si trova benissimo. È al secondo anno di Ingegneria Elettrica ed Elettronica all’Università di Edimburgo e quest’anno poco prima delle vacanze natalizie ha saputo che la sua application per l’International Exchange del terzo anno ha avuto esito positivo ed è così stato selezionato per andare a studiare al Caltech una Università prestigiosa per il suo corso di laurea che si trova in California a Pasadena vicino a Los Angeles. Dopo una prima esplosione di felicità per questa bellissima notizia abbiamo iniziato a riflettere ed ora non sappiamo se sia meglio accettare questa offerta che è stata fatta solo a 3 studenti di tutti i corsi scientifici del secondo anno oppure se sia meglio per lui rifiutare e rimanere a Edimburgo. Tu conosci qualcuno che ha avuto esperienze in Università Americane? In pratica vorremmo capire se “il gioco vale la candela ” nel senso che i costi che dovremmo sostenere trattandosi di un Exchange sono di circa 20.000 Euro per un anno da Settembre a Giugno e non sappiamo se questa esperienza potrà essere fondamentale per il suo corso di laurea considerando anche che lui è molto bravo e studioso e che durante il primo anno ha conseguito un premio ed una medaglia. Insomma l’Europa non è più sufficiente a garantire un futuro ai nostri figli?!?! Ti ringrazio se sarai così gentile e mi risponderai.
    Maria Grazia

    1. Il gioco vale la candela. CalTech è più piccola e selettiva dell’MIT di Boston, e rappresenta una opportunità per interagire con professori e studenti eccezionali. Oltre che CV (che nelle materie tecniche conta poco) è una esperienza di vita e studio, anche in vista degli eventuali studi dopo il conseguimento della laurea a Edinburgo. Tuo figlio deve subito fare mente locale su quello che può fare lì e arrivare preparato (non a tutti i corsi ci si iscrive all’ultimo minuto).

      1. Scusa ho visto solo adesso il tuo messaggio e ti ringrazio molto perché mio figlio in effetti ha già notato questo problema. Ha visto che ci sono molti corsi obbligatori di materie umanistiche che a lui non interessano e altri facoltativi su power Engineering che è la materia che più gli interessa e quindi dovrebbe chiedere di poterli frequentare assolutamente altrimenti al quarto anno quando tornerà a Edimburgo si troverà spiazzato rispetto a chi è rimasto in Scozia. Comunque il 5 Gennaio riapre l’Università e mio figlio contatterà subito il suo personal tutor e l’international Office per avere tutte le risposte necessarie. Scusa se te lo chiedo ma quindi tu potresti dargli dei consigli “pratici” perché lui sarebbe felicissimo di conoscerli. Grazie 1000.

        1. A questo punto, Maria Grazia, ci farebbe piacere se tuo figlio tra un anno (o anche prima) ci volesse raccontare la sua esperienza, a beneficio di tutti. Per ora….. un grande in bocca al lupo!

  5. Buongiorno, intanto, a prescindere, chapeau al vostro bravissimo figliolo. Non è questione di domandarsi se l’Europa sia, in generale, sufficiente per i nostri figli: qui siamo in presenza di un fuoriclasse, per il quale “orbis non sufficit” (secondo l’Autore, è il motto nobiliare di James Bond, anche lui, a modo suo, un fuoriclasse :-).

  6. (scusate, ma il computer mi costringe a spezzare l’intervento). A parte questo, non ho esperienza di Università americane, ma vi dico cosa farei io. Le offerte che non si possono rifiutare non esistono: c’è stato anche chi ha rifiutato il Nobel, e non era uno sprovveduto. Pesate quindi i costi e i benefici: il giovane vada a parlare anzitutto coi suoi docenti, coi quali credo avrà confidenza, e poi faccia un viaggetto al Caltech e parli anche con loro. Da chiedere come minimo: dove può portare un’esperienza simile in termini scientifici, ad esempio se verso il lavoro, piuttosto che verso l’attività accademica, ma anche geografici, ovvero se porta di regola a trasferirsi negli USA oppure no. Io poi parlerei sia con gli altri due prescelti, sia con qualcuno che ha già fatto l’esperienza (un’Università anglosassone non dovrebbe aver problemi a farcelo contattare). Poi, valutare se il risultato è compatibile con il nostro progetto di vita, tenendo conto che, a questi livelli, il problema non sono certo le rate del mutuo. Ad esempio, se un percorso del genere porta a vivere in California, e ciò non mi interessa, potrei pensare anche di rifiutare.

  7. Non preoccupatevi invece dei $$$ (o delle £££): ventimila euro sono il prezzo di una Cinquecento un poco accessoriata!
    Però, non voglio smentire la mia fama di persona politicamente scorretta: qui c’è un commento di uno dei genitori. Cosa ne pensa il diretto interessato?

  8. Passerò per ovvio, ma voglio aggiungere una cosa che sicuramente saprete già, se avete fatto un giretto sulla Wikipedia in english. Il CalTech non è “un’università prestigiosa”. E’ un’università i cui laureati hanno portato a casa qualcosa come trentacinque premi Nobel. E se leggete la lista dei professori passati e presenti e avete anche qualche vaga nozione di storia della scienza vi pigliano i brividi. E’ come se in una squadra di calcio avessero giocato Pelè, Maradona, Zico, Crujiff, Best, Ronaldo, Beckenbauer, Rumenigge e parecchi altri su quel livello, e la rosa attuale fosse equivalente. Confermo il mio consiglio di informarsi e pesare bene, ma a meno che gli studenti in scambio non siano relegati a far le fotocopie con proibizione assoluta di far domande, io prima di rifiutare ci penserei MOLTO bene.

  9. Grazie dei tuoi preziosi consigli che seguiremo in tutto e per tutto. Appena mio figlio ritornerà a Edimburgo dopo le vacanze natalizie sicuramente si informerà sia con il suo personal tutor sia con gli altri studenti selezionati. Lui è felicissimo e partirebbe anche domani ma è comprensibile la sua reazione almeno per noi che lo conosciamo bene e sappiamo che l’ambizione per lo studio a volte anche scomoda è sempre stata una priorità per lui sin dalle elementari. Comunque dopo il terzo anno tornerà a Edimburgo dove continuerà il suo corso di laurea. Sappiamo che finora nessuno almeno nella sua Università ha mai rifiutato una offerta al Caltech e ci auguriamo che questa esperienza possa arricchire il suo curriculum e che possa permettergli di sentirsi gratificato per avere dedicato così tanto tempo nonostante la sua giovane età allo studio. Grazie ancora per i tuoi consigli e se nel frattempo hai altri suggerimenti in merito ne terremo conto perché mio figlio deve accettare o rifiutare entro il 29 Gennaio.

    1. Maria Grazia, eccomi.
      Anzitutto complimenti per tuo figlio. In secondo luogo mi chiedo – come anche ti ha detto Francesco – come fa a venire il dubbio di accettare o meno!
      Parlare di “prestigio” da più l’idea di una cosa da fighetti, mentre va chiarito che Caltech è una delle migliori università al mondo e la California è la culla della tecnologia del mondo moderno dagli anni ’80 del ‘900 ad oggi…(anche se l’epicentro è nella Silicon Valley, ma comunque lì si respira aria di innovazione..).
      Caltech è la quinta università al mondo in termini di qualità (http://www.topuniversities.com/university-rankings/world-university-rankings/2015#sorting=rank+region=+country=+faculty=+stars=false+search=)
      secondo il QS (Quacquarelli Symonds) World University Rankings, ossia una delle due classifiche mondiali delle università, oltre a quella del Times, che si chiama Times Higher Education World University Rankings (sul tema vedi anche il mio post https://www.educazioneglobale.com/2014/01/luniversita-allestero-come-sceglierla/).
      Comunque, anche se fosse solo prestigiosa, anche nell’istruzione universitaria il “branding” conta. Io penso che sarà una esperienza più che formativa: trasformativa, ma, anche non dovesse esserlo, per parlare fuori dai denti Caltech nel mondo tech “fa curriculum” quanto Harvard, Stanford o Yale nel mondo giuridico (e non solo).
      Quanto ai costi, per una università americana 20.000 euro sono spiccioli. Mi rendo conto che non lo sono per noi genitori italiani, ma qui si tratta di una possibilità che viene offerta una volta nella vita.
      Pensa che quella é la cifra per un anno di scuola internazionale (superiore, dai 14 ai 18 ani) con IB qui a Roma! Uno per la scuola superiore lo scrupolo se lo fa, ma per l’università, avendo un figlio che sa cosa ama studiare e lo sta già studiando con successo, non avrei proprio dubbi!
      In più la California è un posto dove è gradevolissimo stare (anche se io conosco la parte più a nord, da quelle parti sono stata solo di passaggio).
      Certo, sarà dura per lui tornare alla piovosa Edimburgo passato un anno, ma questo, forse, gli darà un incentivo ulteriore a costruirsi un futuro, magari nella ricerca, che potrà farlo passare di nuovo per le migliori fabbriche di talenti al mondo. Beato lui!

      1. Grazie Elisabetta per il tuo messaggio. Mi spiace avere dato l’impressione a te e forse anche a Francesco di essere un genitore superficiale che non si rende conto che davvero certe occasioni se perse non si ripresentano una seconda volta nella vita, ma mi sono resa conto che avevo solo bisogno di sentirmelo dire da persone esperte e adesso non posso più fare a meno di ammetterlo. Del resto vedere i nostri figli riuscire a realizzare i loro sogni, è il più bel regalo che veramente non ha prezzo.

  10. Ciao Elisabetta, seguo da quasi un anno Educazione Globale, trovando sempre tante informazioni utili e punti di vista in comune. Dei miei due figli, il primo, dopo la maturita’ scientifica ha iniziato ingegneria meccanica all’Universita’ di Swansea lo scorso settembre e si trova benissimo. Orientarsi nella vastissima offerta di corsi del sistema universitario UK e’ stato complicato ma affascinante, non conoscendo praticamente nulla, abbiamo passato ore e ore … e ore in internet, studiando tutto il possibile, dai siti di ranking a quelli che dispensano consigli su come scrivere il personal statement.
    Ora che il primo e’ partito felice per la sua avventura, ecco che nostra figlia e’ arrivata in quarta liceo scientifico e vorrebbe fare lo stesso anche lei. Avendo imparato dall’esperienza del fratello che il livello di certificazione linguistica e’ un elemento che fa la differenza per accedere alle migliori universita’, si sta preparando per il CAE. Non ha pero’ le idee chiare su cosa vorra’ studiare, pur essendo orientata verso materie umanistiche. Per questo motivo stiamo pensando che se frequentasse una Summer school, questo l’aiuterebbe a capire la sua vocazione, oltre a fornirle un assaggio dell’esperienza universitaria in UK, cosi’ diversa da quella italiana. Ancora una volta, mi sono immersa in ricerche in internet e ho trovato alcune esperienze interessanti organizzate per gli studenti stranieri dalle stesse universita’, con corsi accademici di due/tre settimane aperti a tutti; altri programmi invece sono proposti da agenzie private in convenzione con prestigiose universita’ come Oxbridge, e sono diretti proprio a studenti stranieri dell’ultimo anno di scuola superiore, definiti “ambiziosi e motivati”. Questi ultimi sono piu’ costosi, oltre a lezioni su una varia gamma di materie tra cui e’ possibile sceglierne un paio, offrono attivita’ di orientamento e guida per lo UCAS. Invece le Summer school che sono in genere rivolte a studenti universitari o a un’utenza generica, sono meno strutturate sotto il profilo delle attivita’ collaterali, permettono di conoscere lo stesso il sistema universitario, e in particolare di essere introdotti a livello universitario alla materia del seminario.
    Vorrei chiedere a te e ai tuoi lettori un consiglio su questa scelta.
    Grazie,
    Simona

    1. Ciao Simona, non conosco nel dettaglio l’offerta che c’è, non essendoci ancora arrivata come età… so che società molto note come la Bell organizzano corsi preparatori in cui si possono provare varie materie (sono corsi PRE-U ossia pre universitari oppure anche chiamati Foundation courses), poi conosco una serie di programmi tipo Oxford Summer Academy, Oxford Experiencee e un altro che si chiama mi pare Oxbridge Programs. Uno di questi o con un nome simile lo ha fatto una ragazzina che conosco (ma è americana). Ricordo che c’era una forte selezione all’entrata sulla base dei voti scolastici.
      Di programmi così ce ne sono tantissimi e, come notavi, sono molto costosi. Sono certamente più a buon mercato le summmer schools di università, specie quelle meno prestigiose di Cambridge ed Oxford. Stavo guardando, ad esempio, le summer school dell’Università di Reading e di York.
      Io a volte per reperire info attendibili guardo questo forum di studenti:
      http://www.thestudentroom.co.uk/
      Quelli di genitori spesso non arrivano alla fascia 16+ ; i ragazzini inglesi tendono ad essere più precocemente autonomi dei nostri…
      Infine non escludere di proporre a tua figlia dei corsi di preparazione agli A level che più le interessano, è anche quello un modo per capire che materie le possono piacere.
      Spero che qualcuno possa aiutarti più di me!
      Elisabetta

  11. Carissima Elisabetta, ho appena letto il tuo nuovo post sull’anno di studi all’estero e sono sicura che tantissimi genitori come me ti ringrazieranno per il tuo ammirevole interesse sempre rivolto ad aiutare tutti a chiarire e risolvere i loro problemi legati all’educazione globale. In riferimento a quanto hai scritto su questo post in merito agli “sponsor” vorrei chiederti se sai qualcosa legato anche al mondo delle Università che non è poi molto diverso da quello delle scuole superiori. So che nelle Università del Regno Unito (forse in tutte o forse no) dopo il terzo anno c’è la possibilità di fare il “Placement” ossia di intraprendere un periodo di lavoro di 6 mesi presso una società che accetta di “farti lavorare” per aiutarti ad entrare più facilmente nel mondo del lavoro. Se uno studente si attiva per tempo può anche contattare direttamente le società e proporsi come potenziale candidato al Placement. Può anche succedere che la società che accetta lo studente gli chieda di indirizzare la sua laurea specialistica verso un settore che potrà garantirgli il lavoro una volta conseguita la laurea. Questo è successo ad una studentessa che frequenta la stessa Università di mio figlio ossia l’Università di Edimburgo.
    Infatti questa ragazza sta lavorando in seguito al Placement presso la Audi in Germania e mio figlio è in contatto con lei per sapere se questa scelta le garantirà un posto di lavoro al termine dei suoi studi.
    Ma il discorso legato agli “sponsor” come funziona esattamente? Per esempio mio figlio che a Settembre partirà per il Caltech in exchange (e non sa neppure se si troverà bene, se gli piacerà rimanerci per quasi un anno…) ha visto che molte grosse compagnie vanno a cercare gli studenti per “comprarli” e chiedono addirittura all’Università stessa di formarli secondo le loro necessità per poi offrire loro un posto di lavoro. Sembrerebbero insomma degli “sponsor” come quelli che elargiscono le borse di studio per gli scambi internazionali degli studenti dei licei. Mi piacerebbe sapere di più su questo argomento che mi sembra sia in uso anche nelle Università Italiane ma non ne sono sicura.
    Forse Francesco100 che mi sembra abbia una figlia più o meno coetanea di mio figlio come età è informato su questo argomento.
    Ringrazio anticipatamente chi mi risponderà anche solo per raccontare esperienze simili.

    1. Ciao Maria Grazia, mia figlia, sedicenne, ora sta facendo gli esami per i GCSE. Non sono un esperto di sponsor o placement, e in materia quello che so è tratto dal materiale disponibile sui siti web delle università che ogni tanto consulto per seguire i prerequisiti necessari per l’ammissione.
      Alcuni programmi prevedono placement o internship che vanno da 4 settimane fino a un anno intero presso una azienda, oppure un anno di studio all’estero. Sono opzioni, in alcuni casi incoraggiati dalle stesse università in altre come opportunità addizionali, che hanno vantaggi e svantaggi. La possibilità di placement dipende dall’Università e dal corso di studi seguito. Ad esempio, Cambridge a ingegneria non è previsto un anno di placement, ma si incoraggia una “industrial experience” di 4 o 8 settimane a seconda dei casi. Imperial College prevede anche un anno intero (ad esempio in ingegneria meccanica, ma non in quella elettrica). Il principale svantaggio è che presso alcune università i placement lunghi possono comportare anche un allungamento del corso di studi complessivo. Il vantaggio è che permettono di focalizzare in modo concreto su ciò che fanno teoricamente, con ricadute anche per il progetto di fine anno. Come è facile intuire, la scelta è anche molto personale. Se ho capito bene, tuo figlio ha scelto l’anno di studio all’estero, una scelta più accademica che vocazionale.

  12. Buonasera,

    sono uno studente del 5° anno e l’anno prossimo voglio andare a studiare in Scozia.

    A presto farò la domanda su UCAS a due univesità, una chiede 60 e l’altra 80, come voto alla maturità.
    Mettiamo che io mando la domanda e loro mi fanno un’offerta condizionata dal voto di maturità, ma io come faccio a saperlo a Gennaio-Febbraio, se la maturità cell’ho a Luglio?
    Posso aspettare fino a Luglio e poi decidere a quale andare?

    E riguardo la SAAS? La deadline è il 30 giugno.

    Grazie molte

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