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I ferri del mestiere, ovvero “Papà, Mamma ma voi che lavoro fate?”

educazioneglobale lavoro 1Quando ero bambina, la mia idea del mondo del lavoro era modellata sui libri di Richard Scarry. In quei libri, che mia madre mi comprava un po’ negli Stati Uniti e un po’ in Italia, tutti i personaggi erano animali, ancorché in postura eretta.

Così, se la memoria non mi inganna, c’era il gatto che faceva il postino con la divisa e il furgoncino con le lettere, il maiale – pompiere (sempre il vero eroe) sul camion dei pompieri,  il carpentiere con il martello, e così il medico in camice, l’agricoltore con il trattore e le pannocchie e, insomma, ogni personaggio con i suoi tratti (professionali) ben esposti e riconoscibili.

Molti degli stessi libri popolano gli scaffali dei nostri figli. Ma, come presto capisce ogni bambino, al mondo non sono tutti pompieri e carpentieri e, allora, il mondo professionale degli adulti, rimane qualcosa di nebuloso e incomprensibile (cosa vera persino per i diciottenni: leggete Istruzioni semiserie per giovani studiosi: ovvero cosa studierei se avessi 19 anni

Salvo i mestieri in divisa (il medico con il suo camice e il pompiere) ed eccettuati anche quelli di cui in media i bambini comprendono il contenuto, perché fa parte del loro mondo (la cassiera del supermercato, il poliziotto, il negoziante, la maestra elementare) in tanto altri mestieri più o meno intellettuali, gli arnesi del mestiere sono i medesimi: una scrivania, un computer, delle carte ed una penna.

E allora vai a spiegare ad una bambina o ad un bambino tra i 3 e i 5 anni cosa vuol dire fare il dirigente di una impresa, l’impiegato in un ufficio postale, il project manager, l’avvocato dello Stato o il dottore commercialista? Senza contare i problemi di chi, purtroppo, un’occupazione non ce l’ha più e senza menzionare poi, i nuovi mestieri, quelli portati dalla distruzione creatrice (thank you Schumpeter) della tecnologia, quelli della Silicon Valley.

Al lavoro da me, un giorno all’anno e per un paio d’ore si possono portare i bambini nel proprio ufficio per mostrare loro, almeno, dove lavorano i genitori.

Così, negli anni, a turno, ho portato tutti i miei figli e ho spiegato pazientemente che questo era il luogo dove mi recavo mentre loro erano a scuola. Cosa abbiano capito, però, rimane oscuro anche a me.  I bambini – quando sono ancora bambini – hanno un loro modo di vedere la realtà che pone sullo stesso piano cose che noi adulti consideriamo di rango diverso.

Ogni tanto ci si incontra tra colleghi e si sorride delle domande dei più piccoli: “Mamma perché al lavoro tu hai la sedia che gira e io a scuola no?”;  “Papà, ma le matite colorate dove le tieni..?…Ma che vuol dire che non ti fanno colorare?”; “Perché hai il telefono sul tavolo?”.

No, non c’è nulla da fare. Era più fico fare il pompiere.

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