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Le due ragioni per cui devi leggere ad alta voce a tuo figlio tutti i giorni

educazioneglobale leggere ai figliChi ha letto il post della settimana scorsa, dal titolo Scuola: a che serve l’analisi logica?,  ricorderà che ci siamo lasciati con una frase dell’italianista Serianni che affermava, in sostanza, che l’attaccamento della scuola italiana verso l’analisi logica è ingiustificato e che scrivere bene implica leggere bene.

Leggere tanto per scrivere bene

Si impara a scrivere bene (e anche a costruire storie) solo ascoltando la lingua scritta, cioè leggendo; se un bambino non legge nulla, non basteranno un miliardo di esercizi di analisi logica ad evitargli, più in là, di scivolare nell’analfabetismo “di ritorno”. Se è vero che l’editoria per bambini in Italia è l’unica parte dell’industria editoriale che “tira”, è altrettanto vero moltissimi bambini e ragazzi leggono solo a scuola, al di fuori di essa non toccano più libri e – da quando esistono videogiochi e smartphone – nemmeno i fumetti.

Trenta milioni di parole

C’è una seconda ragione, tuttavia, per cui la lettura è importante. E’ noto che i bambini che vivono in contesti ricchi da un punto di vista delle letture disponibili in casa (libri, riviste, giornali) hanno uno sviluppo maggiore del linguaggio e imparano a leggere prima e con meno difficoltà. Gli studi dimostrano come il vocabolario di un bambino di 3 anni sia fortemente correlato alla quantità e alla varietà di parole ascoltate sin dai primi mesi di vita e che, in contesti svantaggiati dal punto di vista culturale, i bambini sono esposti a circa 30 milioni di parole in meno rispetto ai loro coetanei (la ricerca, ormai famosa, è di Betty Hart e Todd Risley e, negli Stati Uniti, ha dato luogo ad iniziative, nei confronti dei genitori, per colmare questo gap).

Insomma, i bambini ai quali viene parlato di più sviluppano un vocabolario maggiore di quelli ai quali vengono sono solo impartite direttive (fai così, non fare colà e così via). Tuttavia, nella conversazione, il linguaggio si semplifica e si tende ad utilizzare una sorta di “stenografia verbale”, mentre il linguaggio dei libri è più ricco.

Venti minuti al giorno di lettura

Alla scuola inglese, già a partire dai 3 anni, l’indicazione che viene data ai genitori è che devono leggere ai figli ad alta voce per 20 minuti, ogni giorno. Ogni settimana c’è un libro nuovo da leggere dell’Oxford Reading Tree (a volte anche di altre case editrici).

Prima che cominci qualche tipo di polemica, voglio sottolineare che, in questo caso, non sto comparando in termini assoluti scuola inglese e scuola italiana, ma solo indicando che quello che si fa nella scuola inglese (ma anche in quella americana, a dire la verità) a livello “di sistema”, ossia in modo generalizzato, nella scuola italiana lo fanno solo i bravi insegnanti. Alla scuola primaria le insegnanti un po’ leggono ad alta voce ai bambini, ma poi smettono. In altri tempi ho avuto la fortuna di avere una professoressa di italiano che leggeva ad alta voce e ci leggeva tanto, anche se stavamo alla scuola media. Era una donna siciliana, dagli occhi tristi e severi. Poesia o prosa che fosse, lei trasformava ogni cosa in teatro. Capisco che gli insegnanti sono impegnati e hanno un lungo programma da svolgere, ma sarebbe bello se ogni giorno leggessero in classe anche solo una poesia (o un aforisma di Oscar Wilde…).

Tornando alle indicazioni che le scuole inglesi ed americane danno ai genitori, ho raccolto un po’ di esempi dai fogli distribuiti ai genitori di scuole internazionali in Italia, ma anche di scuole inglesi in Inghilterra o di scuole americane negli USA ed ho visto messe per iscritto regole che – a chi è già lettore – possono apparire anche banali.

L’indicazione principale è di ricavare tutti i giorni, in qualsiasi modo, quei venti minuti, con una buona illuminazione, seduti insieme su un divano o in un angolo tranquillo di casa; venti minuti ritagliati al lavoro, alle faccende di casa, alla televisione e alla stanchezza. Leggere ogni giorno, costruire un ambiente caldo e amorevole che accompagni la lettura, dare espressione a ciò che si legge, generare interesse “recitando” diverse voci, soffermarsi sulle parole nuove, dire davanti ai bambini quanto si ama leggere con loro, essere interattivi e discutere quello che sta succedendo nel libro, fare domande sulla storia che si è letta (perché l’Omino di marzapane scappa? Perché la matrigna non ama Biancaneve?): questi i consigli più ricorrenti.

Il web è pieno di questi decaloghi che scuole, governi, case editrici e associazioni compilano per i genitori. Volete che sia bravo a scuola? Leggete insieme! Volete avere un bel rapporto con lei/lui? Leggete insieme! Volete che sia una persona piena di interessi? Leggete insieme!

“La lettura è nutrimento per il cervello” recitano alcuni siti americani. In Inghilterra ci si mettono anche le case editrici a dare consigli: ecco, ad esempio, il testo Tips to support reading at home.

Iniziare a tre anni

Anche nella scuola italiana sarebbe bello che i compiti a casa, almeno per i più piccoli, fossero solo questi: leggere, e che fossero dati per bene agli adulti, ancora prima che ai bambini. Eppure quasi nessun insegnante suggerisce ai genitori di leggere ai bambini. Chi insegna in scuole dove l’utenza appartiene alle classi alte, dà per scontato che i genitori leggano ai figli. Chi insegna in scuole dove l’utenza ha disagio sociale, magari teme le reazioni dei genitori (e lo capisco).

Forse, invece di aspettare la primaria, sarebbe più facile iniziare a fare opera di diffusione della lettura proprio con i genitori dei bambini della scuola dell’infanzia (o, addirittura, del secondo anno di nido).

Chissà perché, in Italia, negli incontri tra genitori ed educatrici alla scuola dell’infanzia si parla sempre d’altro: come il bambino mangia, se il bambino strappa i giochi agli altri bambini, se è autonomo nell’andare al bagno. Non che queste non siano cose importanti, ma altrettanto importante sarebbe, per le educatrici, avere una sorta di decalogo da distribuire i genitori in cui è indicato cosa si fa a scuola e cosa i genitori possono fare a casa per facilitare l’apprendimento del bambino.

Essere educatrice nella scuola dell’infanzia non vuol dire solo accudire – anche se ci sarà sempre il bimbo di 3 anni che ha bisogno ancora del pannolini – ma è già insegnare (non è un caso che non si chiami più “asilo” ma “scuola”). Incontrando i genitori dovrebbero ricordare quello che è ovvio per le persone colte (ma così spesso disatteso anche da loro!) e quello che è nuovo per le persone meno colte. “Parlate con vostro figlio, leggete a vostro figlio, fate leggere vostro figlio, leggete con vostro figlio, parlate con vostro figlio di quello che avete letto insieme!”.

Nati per Leggere

Peccato che in Italia la diffusione di biblioteche è più limitata che altrove, e che c’è anche poca abitudine ad utilizzare le biblioteche pubbliche esistenti. Fortunatamente, quello che non fa la scuola (in modo sistematico) lo fanno iniziative interessanti come Nati per Leggere, promosso dall’alleanza tra bibliotecari e pediatri che, sino dal 1999 ha l’obiettivo di promuovere la lettura in famiglia, sin dalla nascita.

Leggere ad alta voce a casa

Con i miei figli ho iniziato a leggere molto prima dei 3 anni (come ho scritto in Se non leggi a tuo figlio in vacanza, quando pensi di farlo?), cosa che consiglio di fare a tutti.

La lettura ad alta voce aumenta anche la capacità di attenzione di un bambino: è solo quando si legge ad alta voce che si crea un “appetito” per la lettura.

Qualche mamma mi dice “ma mio figlio preferisce muoversi, non sta attento, non segue, corre su e giù per la stanza, quindi ho smesso di leggergli”. Ma un figlio al quale non viene letto non chiede di leggergli! Se un bambino non vede mai nessuno prendere un libro in mano, non associa quell’oggetto ad alcun desiderio. Quando ciascuno dei miei figli era piccolo, magari aveva un anno – e la sua attenzione durava meno – sceglievo libri più facili. Talvolta iniziavo a sfogliare un libro da sola, a pochi metri da lei o da lui, mentre stava semplicemente giocando a sbattere insieme due giocattoli uno contro l’altro (avete presente?!). Iniziavo a leggere ad alta voce, lentamente, dolcemente. Quasi sempre, dopo un minuto, arrivava e si sedeva accanto a me, a sbirciare il libro, e poi cominciava a seguire la storia. Così leggevo un libro dietro l’altro, per dieci, quindici, venti minuti, finché la voce si stancava. Poi tiravo fuori le costruzioni, le bambole, le macchinine, a seconda dei figli e degli anni e si giocava a qualcos’altro. La figlia maggiore ha 14 anni mezzo, la mediana 12 e mezzo, l’ultimo 4 e mezzo: sono quattordici anni che leggo ad alta voce ai miei figli (non calcolando quando leggevo ad alta voce a mio fratello, da bambina) e non mi sono ancora stancata!

In teoria non bisognerebbe smettere di leggere neanche ai bambini o ai ragazzi che sanno già leggere. Come dicono gli americani, smettere di leggere ad alta voce vuole dire smettere di fare pubblicità alla lettura! Senza contare il fatto che la lettura ad alta voce consente di proporre letture diverse e più complesse ai propri figli, rispetto al loro livello di lettura – anche ai preadolescenti che leggono solo le letture da teen ager, che vanno di moda ora. Infine, anche l’esempio dei genitori è importante: qualcuno ricorderà anche lo studio della Banca d’Italia sull’importanza – per i bambini – di avere genitori che leggono.

Insomma, leggere è un’abitudine, ma bisogna coltivarla. Una volta che si è conquistato il libro non c’è fine alla conoscenza.

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