Educazione Globale

Imparare una lingua da adulti: trucchi, siti e APP per riuscirci davvero

In Insegnare l’inglese (o altre lingue) a tuo figlio: a che età iniziare? ho trattato il tema dell’apprendimento delle lingue alle diverse età, argomentando che la seconda lingua andrebbe appresa come la prima: il prima possibile e “per immersione” e non mediante lezioni di lingua – almeno non come primo approccio.

Se questo è vero, che speranza rimane per gli adulti che volessero apprendere una nuova lingua?

Come imparare una lingua da adulti?

L’apprendimento delle lingue ha un tasso di abbandono spaventoso. Moltissime persone che intraprendono corsi di lingua non riescono a raggiungere scioltezza e finiscono per abbandonare completamente l’impresa.

Per questo motivo, le persone spesso ritengono di non essere naturalmente portate per le lingue; eppure, come ho argomentato in Bilinguismo: tre cose che non sapevi (e l’ultima è sorprendente) in realtà nessuno è “negato per le lingue” (chi si sentisse ‘negato’ dovrebbe proprio leggerlo!).

 

Impare una lingua non è difficile

La verità è che imparare una lingua non è difficile.

Davvero? Si, davvero. Non è difficile, ma è molto lungo.

Del resto, quanto tempo ci abbiamo messo per imparare la lingua madre? Per tutto il primo anno di vita siamo stati immersi in un ambiente in cui, con sollecitudine, tutti ci parlavano in una lingua. All’inizio, l’abbiamo cominciata a parlare, provando e sbagliando. Ci correggevano, con affetto e, talvolta, con qualche risata.

Purtroppo, non ce lo ricordiamo, ma se potessimo ricreare quel contesto, ossia un contesto dove una serie di persone, simpaticamente ed empaticamente, ci “immergessero” negli arcani suoni di una lingua straniera, anche noi, che non siamo più linguisticamente dotati come un bambino piccolo, impareremmo l’arabo, il cinese wu, l’urdu o una qualsiasi altra lingua. E’ solo che riprodurre quelle condizioni è tanto difficile!

Ho letto da qualche parte che servono tra 600 e 1200 ore di studio e pratica per raggiungere scioltezza in una lingua (la differenza tra i due numeri è data dalla vicinanza o lontananza dell’altra lingua alla nostra). Pertanto, se una persona che ha una vità già piena (lavoro, figli, incombenze varie) dedica solo un’ora settimanale alla lingua straniera avrà bisogno di quindici anni a per diventare fluente (senza contare tutte le cose uno dimentica quando non ha la necessità di usare quella lingua in modo attivo ogni giorno…).

All’altro estremo, se si studia davvero intensamente, è possibile accumulare 40 ore in una settimana. A questo ritmo, si può raggiungere un po’ di scioltezza in 10-12 settimane.

Viceversa, gli studi a bassa intensità, specie con una nuova lingua sono poco efficaci perché – come accennavo – si finisce per dimenticare una grande percentuale di ciò che si impara. La maggior parte delle persone non ha 10 o 12 settimane libere per uno studio intenso, ma capirlo aiuta a essere realistici su ciò che si può ottenere, in modo da non finire per demotivarsi.

Come raggiungere allora un livello almeno discreto?

 

I fattori chiave per apprendere una lingua

Vi sono due fattori-chiave per l’apprendimento delle lingue da adulti: la motivazione e la strategia di apprendimento (per quanto riguarda i bambini, invece, meglio leggere altri post che ho scritto sull’apprendimento delle lingue).

Quanto alla motivazione, per imparare una lingua da adulti bisogna essere sorretti da uno scopo che abbia un senso. Questo senso può variare da persona a persona: può essere in vista di un trasferimento all’estero, di un incarico di lavoro che implica l’uso della lingua, della ricerca di nuove opportunità, oppure per imparare la lingua di una persona che ci è cara o del luogo in cui andiamo in vacanza.

Quanto alla strategia, il migliore apprendimento è quello “nel contesto” ossia non nella fictio dell’aula di lingue ma sul campo (professionale o ludico) in cui vogliamo usarla. I casi e le situazioni presentati in un libro di testo sono spesso – per quanto verosimili – lontani dal nostra esperienza. Se imparo una lingua per il lavoro mi servirà anche acquisire un lessico tecnico che invece non mi serve – almeno non subito – se sono in vacanza e mi trovo a cercare una spiaggia, una banca o il migliore ristorante del paese. Una lingua è fatta anche di segnali non linguistici che si ottengono preferibilmente in una situazione reale oppure, se fittizia, simile a quella reale.

Servono i corsi di lingua?

In Estate all’estero: ha senso fare un corso di inglese “formato famiglia”? consigliavo, a chi me l’aveva chiesto, di stare alla larga dai corsi di lingua anche per gli adulti, ma di cercare un corso all’estero di qualcosa che ci piace (giardinaggio all’informatica, tutto va bene), in modo da trovarsi con i parlanti nativi di quella lingua.

Se invece uno comincia da zero con una lingua, che sia francese o arabo, cinese mandarino o tedesco, il corso può servire a gettare le basi.

Come immergersi nella lingua straniera rimanendo a casa propria

Il modo migliore sarebbe quello di frequentare il più possibile persone che la parlano, ma anche quando ciò non è possibile, la tecnologia corre in nostro aiuto.

Chiudete Facebook, spegnete la tv (se non in lingua!) e dedicate un po’ di tempo a conoscere meglio i siti e le APP che seguono. La maggior parte, come al solito, sono utili per l’inglese. Ma chi fosse interessato ad altre lingue legga bene, perché vi sono risorse con cui ci si può esercitare in più lingue.

Siti web, APP e conferenze

La rete offre tantissimo gratis per le lingue e molte APP sono pure divertenti. Rimane sempre la questione della motivazione e della costanza però: quella ognuno deve metterla per sé…

FluentU  è molto più di una selezione di video di YouTube: si tratta di un ottimo software interattivo studiato per aiutarti ad imparare spagnolo, inglese, francese, cinese, tedesco e giapponese. I video sono presi dal web ma accuratamente scelti per insegnare le lingue.

Duolinguo funziona più per lo scritto e applica il metodo di apprendimento “Rosetta Stone” (il nome viene dalla Stele di Rosetta).  E’ nato come un sito ma ora è anche un APP per imparare le lingue dallo smartphone, che, ovviamente, funziona con la logica di un videogioco (livelli, obiettivi, numero di vite ecc..). Offre al momento una ventina di lingue straniere, aumentando la difficoltà in modo graduale.

Per l’inglese c’è l’imbarazzo della scelta: Learn American English per l’inglese americano e il canale you tube di Cambridge English per l’inglese britannico. 

Per i livelli più avanzati, consiglio le conferenze TED di cui ho già scritto abbondantemente in Stasera vuoi studiare a Stanford, Harvard o Yale? Accomodati, la lezione è online!  Nel frattempo è arrivato in Italia Netflix, per vedere tanti programmi in lingua originale. Dopodiché c’è tutto il mondo dei podcast…ma ai podcast dedicherò un altro articolo quanto prima…perchè ho molto da scrivere.

Fluent in 3 months

Infine, ricevo e divulgo il suggerimento di uno dei lettori di educazioneglobale, autore anche di alcuni post, Francesco che consiglia un libro particolare: Fluent in 3 months. Pubblico qui di seguito la sua esperienza con questo libro, il libro che – dice – gli ha cambiato la vita, insegnandogli a parlare le lingue straniere!

Ecco la sua esperienza:

Un tempo mi dicevo: un conto è leggere, altro è parlare, e soprattutto capire. Dopo anni di inglese scolastico (e con qualche sforzo in più ) a capire i testi e a scrivere me la cavavo più che bene; rimanevo invece molto titubante quando si trattava di parlare e conversare. Tutto questo fino a quando, due anni fa, non ho incontrato il libro, e la persona, perché mi piace pensare all’autore come ad un amico, che mi hanno portato ad un cambio di rotta radicale: più risultati, ma soprattutto tanto divertimento.

La persona è Benny Lewis, “internet sensation and hyperpoliglot”, un irlandese entusiasta, che viaggia, lavora e si mantiene in giro per il mondo, nei Paesi più diversi, di cui si sforza, con ottimi risultati, di imparare le lingue. Se non vado errato, è arrivato ad otto, più varie altre in cui comunque riesce a farsi capire e a capire l’interlocutore.

Il libro è il suo “Fluent in 3 months” (London, Harper & Collins, 2014, 256 pagine), in cui ha raccolto e ordinato in forma sistematica tutti gli articoli nei quali, dal suo sito web, ha risposto alla più ovvia delle domande: come fai? Ho scoperto questo libro per caso due anni fa, sullo scaffale di una libreria londinese, ma mi sono deciso a scriverne solo ora per due ragioni. Primo, speravo in una traduzione italiana, magari, ma è una mia perfidia, ad uso delle scuole. Benny parla anche la nostra lingua: chissà se mi sente… Secondo, se volete fare sul serio, leggerlo non basta: occorre anche metterlo in pratica, e dall’anno scorso mi sono sforzato di farlo con risultati che hanno stupito me per primo, avendolo applicato all’inglese, allo spagnolo e persino al greco moderno.

Contenuti: si legge con piacere, è scorrevole e chiaro, e si può ridurre, con qualche semplificazione, a tre concetti di fondo.

Primo: la lingua è un fatto di comunicazione. Non preoccupatevi di pronuncia, grammatica, accento e finezze varie: almeno all’inizio, e per un bel po’ in avanti, l’unico vero errore che potete commettere è, appunto, non riuscire a comunicare. Se state imparando, ad esempio, l’italiano e al barista romano chiedete cappuccino e cornetto, avrete sbagliato solo se, al posto della desiderata colazione, vi avranno allungato cacciavite e chiave inglese, o qualcosa d’altro che con la colazione nulla ha a che fare. La grammatica, specie se somministrata troppo presto, e a dosi troppo elevate, serve solo a paralizzarvi la lingua, come successe a me con lo spagnolo; serve invece dopo, per sistematizzare quel che sapete e salire di livello.

Secondo, se la lingua è un fatto di comunicazione, per impararla dovete, appunto, comunicare. E qui arriva il più grande dei consigli di Benny: START SPEAKING FROM DAY ONE. Sapete tre parole della lingua che state studiando? Bene, adoperatele. E’ solo così che ne imparerete altre, e Benny vi spiega nei dettagli come incominciare e come proseguire.

Terzo, per parlare una lingua straniera, recarsi nel Paese relativo indubbiamente aiuta, ma non è in alcun modo necessario. Benny ci suscita una riflessione. Ognuno di noi conosce, ad esempio, italiani che vivono da lungo tempo in un Paese anglofono, ma non parlano una parola di inglese: si rinchiudono in quella che Benny chiama la “expat bubble”, ovvero la comunità dei connazionali, che nelle città medio grandi comprende spesso, oltre ai classici negozi e ristoranti, anche attività associative, giornali, e talora canali radiofonici e televisivi, tutti nella lingua di origine. Perché non dovrebbe essere possibile fare il contrario, ovvero creare a casa nostra una “bubble” nella lingua desiderata? Scoprirete leggendo che è più facile di quel che credete, e da quel momento in poi vedrete con occhio molto diverso i negozi etnici dietro l’angolo di casa vostra”.

A me ha messo curiosità il suo racconto, e a voi?

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