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A scuola in anticipo?

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Già scegliere la scuola giusta è complicato ma se hai un bambino che deve iniziare la scuola primaria forse, ti stai ponendo anche altre domande: come reagirà tuo figlio quando inizierà la prima primaria? Sarà pronto? Che tipo di allievo sarà?

Te lo chiedi doppiamente se hai deciso per l’anticipo scolastico.

Ma cosa si intende per anticipo scolastico? La legge 53/2003 ha introdotto la possibilità di iscrivere alla prima primaria i bambini di 5 anni e mezzo, basta che compiano i 6 anni entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento.

Anticipare o no è, dunque, l’amletica questione sulla quale si trovano a riflettere i genitori di bambini nati nei primi mesi dell’anno.

Nel meridione d’Italia, quella dell’anticipo scolastico è, in alcuni casi, una sorta di abitudine famigliare.

Il buffo è che, in altri paesi, ad esempio negli Stati Uniti, dove la scuola è da subito molto competitiva e determina in buona parte anche il percorso scolastico successivo, molti genitori fanno il contrario di quelli italiani, ossia posticipano volutamente i figli in modo che questi, essendo più maturi, inizino il percorso scolastico con il piede giusto. Il fenomeno prende il nome di academic redshirting. Gli americani non hanno tutti i torti: pare che chi inizia a studiare quando ha un grado di maturità e di sviluppo superiore gode di un vantaggio accademico che si porterà dietro negli anni (C. Crawford, L. Dearden, E. Greaves, When You Are Born Matters: Evidence for England, The Institute for Fiscal Studies, May 2013, disponibile sul sito www.ifs.org.uk).

La prova che non tutti i bambini sono pronti per una scolarizzazione anticipata è data dalla recente impennata di diagnosi (errate) di DSA, ossia di disturbi dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, disortografia). Almeno il 3% dei bambini anticipatari vive un disagio generalizzato che spesso viene letto come un disturbo intellettivo, mentre è spesso solo una questione di maturità. Inoltre, dalle rilevazioni OCSE – PISA emerge che gli anticipatari faticano più dei loro compagni che hanno l’età “giusta” (S. Intravaia, L’Italia che va a scuola, Bari, Laterza, 2012, p. 52).

Chi sceglie di mandare il proprio figlio alla scuola primaria in anticipo, e, dunque, a cinque anni e mezzo, lo fa in genere perché ritiene che il bambino sia intellettualmente pronto: magari è già capace di leggere e scrivere, sia pur in modo limitato, e si dimostra interessato e curioso. A volte, invece, l’intenzione di anticipare è solo il sintomo del fatto che i genitori tendono a sopravvalutare i propri figli (e non sto facendo la predica a nessuno: chi è che non c’è cascato, prima o poi?).

D’altra parte, tanti insegnanti, pedagogisti e, a volte, anche genitori sono di tutt’altro avviso, soprattutto perché il bambino “perderebbe un anno di gioco”.

In realtà, le considerazioni che andrebbero fatte sono più ampie.

Anzitutto è bene sapere che la possibilità di anticipo scolastico è stata ampliata in modo indiscriminato senza modificare i programmi e l’approccio didattico in funzione dell’età dei bambini. Tenuto conto di ciò, viene quindi spontaneo domandarsi quale sia l’etàgiusta” per iniziare la scuola primaria. 

Ebbene, in paesi diversi si inizia la scolarizzazione vera e propria in età diverse. Se è vero che nella maggior parte dei paesi si inizia a 6 anni (come nella prima primaria italiana), non bisogna dimenticare che in Germania la scuola primaria inizia a 7 anni mentre, in Inghilterra, a 5.

Chi ha ragione? La risposta è: tutti e nessuno.

La scuola inglese inizia a 5 anni con lo year 1, ma non è un anticipo scolastico: il programma dello year 1 è tarato sui bambini di 5 anni, così come la prima primaria italiana è pensata per i bambini di 6.

Anzi, nel sistema scolastico inglese, si viene introdotti alle lettere e ai numeri già prima dello year 1, e, più precisamente, nella nursery school. A cinque si iniziano le scuole primarie che durano 6 anni, ma, attenzione!, i curriculi sono stati impostati in funzione dell’età dei bambini.

In Italia, invece, le norme vengono calate dall’alto senza preoccuparsi minimamente di capire se e come saranno implementate. Infatti una ricerca che confronta il rendimento scolastico con il mese di nascita dei bambini italiani conferma che chi comincia la scuola troppo presto ottiene risultati peggiori.

In secondo luogo, la valutazione del bambino dovrebbe riguardare non solo l’aspetto puramente intellettivo ma anche l’autodisciplina e la capacità di concentrazione che solo i bambini più maturi hanno, poco importa se sanno già un pò leggere e scrivere.

Per esperienza personale posso asicurare che è possibile insegnare ad un bambino di poco più di 2 anni a riconoscere tutte le lettere dell’alfabeto in stampato maiuscolo (è una storia illuminante che mi riservo di raccontare prossimamente, su questo blog…). Ma questo non vuol dire che lo stesso bambino sia più pronto di altri ad andare a scuola con anticipo.

Non si tratta, infatti, solo di leggere e scrivere: la scuola richiede attenzione, concentrazione e rispetto delle regole e del gruppo.

I bambini in età prescolare si distraggono facilmente ed é quindi difficile far fare loro una attività in modo continuato. Questo rimane vero per molti bambini anche di 5 o 6 anni o più. All’inizio del percorso scolastico ha dunque grandissimo rilievo la maturità del bambino/a rispetto alla media, sia come caratteristica individuale (ci sono bambini che per temperamento sono anzitempo “maturi”), sia quando deriva dall’avere qualche mese di più rispetto ad altri bambini della stessa classe (come capita spesso ai nati tra febbraio-marzo e aprile-maggio che iniziano la scuola con sei mesi in più rispetto, ad esempio, ai nati di settembre-dicembre).

Ovviamente non sempre i bambini più grandi sono più maturi: a volte sei mesi sono tanti, a volte non significano nulla, dipende dalla genetica, dalla cultura famigliare, dalle esperienze pregresse.

Per esperienza empirica ho notato che anche la più esperta insegnante tende a confondere la maturità emotiva con l’intelligenza. Una bambina più matura ha più capacità di concentrazione, ha una maggiore resistenza a stare seduta a tavolino e avrà, quindi, più possibilità di essere lodata dai suoi docenti. Questo rinforzo positivo è importante per l’idea che coltiva di se stessa e, a lungo andare, favorisce il successo nello studio. Insomma, il fattore maturità emotiva è particolarmente rilevante all’inizio del percorso scolastico.

I bambini di oggi sono molto più svegli di quelli di ieri ma, spesso, anche molto meno autonomi perché vengono anticipati da noi adulti che provvediamo a tutti i loro bisogni. Insomma, il genitore non dovrebbe galvanizzarsi se suo figlio sa scrivere il suo nome, ma valutare più oggettivamente il suo comportamento complessivo.

Come? Un buon punto di partenza è valutare obiettivamente quanto è autonomo nel fare le cose. Un bambino che sa leggere ma non si sa tagliare la carne da solo non sono sicura che sia pronto per essere anticipato. Un bambino pronto per la scuola dovrebbe essere anche in grado di tenere a posto i suoi giochi, ricordarsi dove ha messo le scarpe o narrare  verbalmente un avvenimento vissuto in modo che sia comprensibile ad altri.

A me pare importante anche considerare la fisicità del bambino e immaginarlo nel futuro: un maschio, magari anche fisicamente piccolino, sarà ancora più a disagio dei suoi compagni nella scuola secondaria, se paragonato alle sue compagne che, come noto, maturano prima.

In fondo, se uno vede che un figlio o una figlia è ancora poco capace di concentrarsi a lungo su una sola cosa, dovrebbe pensare che questo è il segnale che ha ancora in sé tutte le qualità possibili. La costante mutevolezza del bambino piccolo è lo strumento che madre natura ha concepito per consentire a noi umani di apprendere più cose possibile, prima di selezionare le conoscenze e le abilità utili in un certo contesto. Allora, invece di anticipare inutilmente l’entrata a scuola è meglio offrire al bambino altre esperienze che lo coinvolgano. Ad esempio fargli sperimentare, attraverso il gioco, un’altra lingua, magari anche attraverso una persona terza rispetto alla famiglia o cercare di farlo avvicinare alla musica in modo ludico, ad esempio.

Insomma, meglio arrivare bene che arrivare primi!

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