Confesso, me ne sono accorta solo la mattina dopo. La sera, mentre a Parigi i terroristi sparavano su civili inermi e si facevano saltare in aria, io stavo in campagna e sonnecchiavo sul divano tra Crozza su La 7 e con l’ultimo libro di Jared Diamond in mano.
Potevo evitare di scrivere degli attentati, potevo tacere: in fondo questo blog parla di come “crescere cosmopoliti”.
Ma come si può “crescere cosmopoliti” o scrivere di “educazione globale” in un mondo infiammato d’odio per l’altro?
Come potevo tacere?
Per questo motivo, malgrado la mia scarsa conoscenza del mondo mediorientale e con tutta la possibile incompetenza in tema di politica internazionale, sento di dovere e poter dire qualcosa, se non altro per segnalare ai lettori di educazioneglobale alcuni articoli sul terrorismo internazionale e sullo Stato islamico che mi paiono migliori dei tanti che girano in questi giorni.
Intanto, leggendo – specialmente gli articoli che vado a citare – e discutendo, mi sono chiarita alcuni punti.
Primo: i terroristi dell’ISIS – scusate l’ovvietà – vogliono seminare il terrore ed isolare i musulmani non estremisti. Se ci facciamo prendere dal timore di vivere nelle nostre strade e nelle nostre piazze avranno vinto loro, così come se ci facciamo prendere dall’odio dell’Islam e dei tanti musulmani che vivono pacificamente con noi (e che, però, devono far sentire la loro opinione).
Secondo: è dubbio che i terroristi dell’ISIS vogliano minare le tradizioni democratiche europee e che sia in atto uno scontro di civiltà (democrazia occidentale contro Stato islamico) o, peggio, di religioni (cristianesimo/laicismo contro islam). Lo dimostra il fatto che il terrorismo di stampo islamico ha ucciso molti più musulmani che cristiani e fatte molte più vittime in medio-oriente che in occidente. Noi non siamo il loro bersaglio primario, ma quello secondario.
Terzo: il vero protagonista del conflitto non è l’Occidente ma il mondo islamico. Siamo in mezzo ad una guerra intra – islamica, in cui l’Europa – e l’Unione Europea in particolare – è coinvolta per vari motivi, sia storici che contingenti e che sono, secondo me, ben spiegati in questo articolo di Noise From Amerika (spoiler: dal colonialismo in poi, l’Europa e il mondo occidentale in generale hanno una buona parte di responsabilità).
Quarto: ci sono vari modi di reagire politicamente a questa situazione, sia a livello interno (cioè nelle nostre democrazie), sia come politica estera (nazionale ma, soprattutto, europea). A questo proposito, consiglio la lettura di questo articolo di Limes (citato anche da Noise From Amerika) e dei sempre chiari editoriali di Sergio Romano sul Corriere della Sera.
Io avanzo solo qualche altra riflessione, ma, forse, è meglio chiamarlo auspicio. Mi auguro che quanto accaduto a Parigi ed altrove non induca il mondo occidentale ad arroccarsi e a rinunciare al dialogo con le altre culture, che è l’unica strada che può portare a recidere le radici del fanatismo.
Mi spiego meglio: chi uccide, in fin dei conti, per me è solo un assassino, non importa in nome di cosa o di chi lo faccia (i nazisti non erano forse cristiani?). Prendersela con tutti i musulmani, come fanno tanti fomentatori d’odio che animano i social media, è inutile e dannoso ed è esattamente quello che i terroristi vogliono.
Gli attacchi terroristici di questi giorni (l’attacco all’hotel in Mali il 20 novembre, quelli di Parigi di sabato 13 novembre, quello a Beirut, quello all’aereo russo diretto a Sharm El Sheikh e molti altri) sono lì a dimostrare che abbiamo bisogno non di meno Europa ma di più Europa.
Ora, senza nulla togliere alla necessità di accordarsi anche con gli Stati Uniti e persino con la Russia di Putin, è necessario un dibattito pubblico europeo. Proprio ora, anziché dividerci, dovremmo riconoscere le nostre radici europee, se non altro nei diritti civili conquistati e nella nozione stessa di democrazia, fondata sulla tradizione greco-romana, da un lato, e su quella giudaico-cristiana, dall’altro.
Invece, davanti al terrorismo e persino a fronte dell’invasione pacifica e disperata dei rifugiati siriani, l’Europa si sgretola: gli accordi di Schengen traballano, i confini nazionali ritornano, la politica di difesa comune pare impossibile da realizzare, proprio ora che bisognerebbe andare avanti sulla strada degli Stati Uniti d’Europa.
Siamo i pronipoti delle culture che hanno concepito le polis, la democrazia, il diritto, gli ideali di uguaglianza e fraternità, la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino: se vogliamo difendere tutto questo dobbiamo rinnovare e rafforzare le basi del progetto europeo. Se non ora, quando?
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