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Adolescenti e smartphone: generazione iperconnessa

Hai un figlio adolescente? Se la risposta è positiva, rispondimi a quest’altra domanda: quanto sa stare lontano da quell’appendice tecnologica chiamata smartphone?

Lo chiedo perchè, per quello che vedo io, i ragazzini che incontro sembrano non poter vivere neanche per pochi secondi senza uno schermo davanti.

Fossero solo le mie figlie grandi dovrei farmene una ragione, ma, ovunque vado, vedo gruppi di ragazzi spaparanzati sui divani, appoggiati ai motorini o appollaiati su un muretto che parlano tra loro quasi a mugugni, hanno gli occhi puntati ognuno sul suo telefono o, al massimo, guardano in tanti lo stesso telefono, commentando.

Resistere è inutile: Nintendo DS, playstation, kinect, videogiochi, ipod, ipad, tablet, smartphone: prima o poi il mondo dei bambini e dei ragazzi incrocia questi strumenti, che sono il connotato della loro generazione, e non ne può più fare a meno se vuole vivere nel mondo dei coetanei.

Non è la prima volta che affronto il tema:. “l’immersione tecnologica in cui vivono i nostri figli sarà il problema più grande che affronteremo come genitori”: così avevo concluso il post Genitori nell’era del web: cosa vuol dire passare dalla stilografica a whattsup

Cosa succederà della generazione cresciuta con schermi e tecnologia per quasi il 100% delle sue giornate?

A mio figlio treenne leggo tanti libri, e a lui piace. Vive in un mondo, tutto sommato, ancora poco high tech.

Eppure, se accendo un telegiornale o preparo una presentazione in power point, passandomi accanto tocca sempre lo schermo del televisore o del portatile, credendo così di poter far “scorrere” via i programmi che non gli interessano.

Lo schermo touch per lui è già cosa scontata, solo per aver osservato gli adulti intorno a sé.

Ma il problema non è solo quello che i ragazzi fanno oggi: la vera questione è come questa vita davanti agli schermi cambierà i loro cervelli domani, sotto tre profili: quello della memoria, quello della coscienza e, infine, quello dell’autocontrollo.

La possibilità di avere tutta l’informazione in pochi secondi farà si che il potere della memoria sarà in via di estinzione e che sempre di più sarà importante orientarsi tra le informazioni vere e quelle solo verosimili. Ciò necessita lo sviluppo di un metodo scientifico e basato sull’evidenza, perché in rete puoi rendere autorevole spiegazioni o nozioni che sono totalmente false. In fondo, un tempo, quando c’era solo il libro, era facile distinguere una informazione “seria” da una che voleva solo sembrarlo: il mezzo era il messaggio. Certi austeri tomi universitari davano subito l’idea di contenere affermazioni più attendibili di quelle riportate su una rivista patinata, costellata di pubblicità di oggetti di moda.

Quanto al secondo profilo, potrebbe cambiare le nozione stessa di coscienza. Chi sono io e dove sono io se, contemporaneamente, sono qui nel mio salotto ma sono anche nel mondo virtuale racchiuso nel mio telefono? Dove è il confine tra il me virtuale e il me reale? Ha ancora senso distinguere le due cose? Questo non riguarda solo gli adolescenti, ma anche me che sto qui, una mattina domenicale e piovosa, mentre il mondo ancora dorme e te, lettore o lettrice, che mi leggi in un altro momento, mentre queste parole galleggiano, forse per sempre, nell’oceano del web.

Quanto al terzo profilo, quello dell’autocontrollo, esso è forse il più spinoso. Il motivo è semplice: una delle capacità fondamentali della vita adulta è quella di rimandare le gratificazioni, di fare il proprio dovere prima di rilassarsi o dedicarsi ad una attività ludica.

Molte delle cose che si fanno da adulti o da giovani adulti (come studiare all’università, ad esempio) sono investimenti che mostrano i loro frutti nel tempo. Studi e ti impegni oggi nel presupposto che, domani, avrai delle conoscenze che ti consentiranno di avere una vita migliore come persona e come lavoratore.

Questa generazione, invece, sarà, per certi versi, incapace di rimandare le gratificazioni perchè è inondata di gratificazioni continue, non solo quelle – già abbondanti – dei videogiochi o della televisione ma anche dall’incredibile e continua disponibilità di musica, parole, immagini e testi che abbiamo tutti in mano con gli smartphone, i tablet e i computer.

Come potrà mantenere uno sforzo continuativo o una concentrazione prolungata la generazione che è stata abituata a vivere in uno stato di perenne sovrastimolazione?

Sarà molto interessante vedere quali saranno le soluzioni che i ragazzi di oggi troveranno a questo problema, ossia al problema della scarsa abitudine alla concentrazione.

Io ho quattro grandi speranze:

Ma, intanto, come genitori, cosa possiamo fare?

Ogni tanto, forse, spegnere il wi fi, staccare la corrente e invitare tutti fuori per una scampagnata… ma senza smartphone!

E, per il resto, sperare che avesse ragione l’economista Schumpeter.  Ossia che la distruzione è sempre creatrice e che dobbiamo accogliere la novità, anche se non la comprendiamo sino in fondo.

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Comments

  1. Grazie il post è molto interessante, specialmente per me che ho una settenne terzogenita che non riesce a fare i compiti di coding per la scuola sul mio computer che è con tastiera (conosce solo il touch screen) e un quindicenne che sostiene necessario passare la giornata sullo smartphone in quanto ci legge i compiti, colloquia con i compagni, fa ricerche “pazzesche” (su questo lavoro continuo ho i miei dubbi ben fondati). Conosco i benefici del web in quanto mi occupo di diritto d’autore come avvocato ma ho i miei dubbi sui vantaggi di questi devices per gli adolescenti in quanto creano dipendenza e credo – forse sono all’antica con i miei figli – che nessuna esperienza virtuale possa realmente sostituire il buon fare formativo e reale dell’adolescenza, che poi una volta persa sul web, non torna più, non essendo la vita un videogioco, non si può tornare indietro! Sono contraria ai divieti, ma il cellulare di mio figlio è attualmente mio nemico, e quindi lo ostacolo quando posso!!

  2. Io vorrei fare un intervento politicamente scorretto.
    Temo che il cellulare, come molte altre cose, abbia una sua precisa ragion d’essere, e sia, in definitiva, figlio del suo tempo, si’ che poco serve contrastarlo a parole.
    Per mia sorte personale, sono cresciuto in campagna, e i miei ricordi di infanzia e adolescenza sono molto diversi da quelli di chi e’ cresciuto in un contesto urbano. Piu’ i ricordi di un nonno che quelli di un papa’, per capirci.
    Al paese, per le strade passavano ben poche auto, e le case si tenevano piu’ o meno aperte. Di conseguenza, appena finiti i compiti -la scuola finiva alle 12.30 e con l’economia di allora non serviva che la mamma lavorasse, giusto o sbagliato che cio’sia- si correva fuori, si bussava alla porta degli amichetti, e via tutti a giocare, fin quando non era pronta la cena. Ecco soddisfatto ogni bisogno di socializzazione.
    Attualmente, la giornata di un ragazzino e’ molto piu’ strutturata, per non dire irregimentata. A scuola si sta fin tardi, e meno male perche’ papa’ e mamma devono lavorare, per la strada non si puo’ stare perche’ passano le macchine, triste ma vero, e quel poco di tempo libero che resta se lo mangiano le attivita’, ovvero il famigerato turbine di calcio/rugby/basket/danza/musica/hip hop e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. In ogni caso, attivita’ strutturate in cui bisogna star zitti e ascoltare l’istruttore, non cicalare coi compagni. E poi, le visite agli amichetti ora si chiamano playdate, richiedono un’organizzazione degna di un evento sociale e, in definitiva, per i genitori sono una seccatura in piu’.
    Forse allora, per chiacchierare un poco in liberta’ con i propri simili non resta che il virtuale…

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