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Imparare una lingua da adulti: trucchi, siti e APP per riuscirci davvero

In Insegnare l’inglese (o altre lingue) a tuo figlio: a che età iniziare? ho trattato il tema dell’apprendimento delle lingue alle diverse età, argomentando che la seconda lingua andrebbe appresa come la prima: il prima possibile e “per immersione” e non mediante lezioni di lingua – almeno non come primo approccio.

Se questo è vero, che speranza rimane per gli adulti che volessero apprendere una nuova lingua?

Come imparare una lingua da adulti?

L’apprendimento delle lingue ha un tasso di abbandono spaventoso. Moltissime persone che intraprendono corsi di lingua non riescono a raggiungere scioltezza e finiscono per abbandonare completamente l’impresa.

Per questo motivo, le persone spesso ritengono di non essere naturalmente portate per le lingue; eppure, come ho argomentato in Bilinguismo: tre cose che non sapevi (e l’ultima è sorprendente) in realtà nessuno è “negato per le lingue” (chi si sentisse ‘negato’ dovrebbe proprio leggerlo!).

 

Impare una lingua non è difficile

La verità è che imparare una lingua non è difficile.

Davvero? Si, davvero. Non è difficile, ma è molto lungo.

Del resto, quanto tempo ci abbiamo messo per imparare la lingua madre? Per tutto il primo anno di vita siamo stati immersi in un ambiente in cui, con sollecitudine, tutti ci parlavano in una lingua. All’inizio, l’abbiamo cominciata a parlare, provando e sbagliando. Ci correggevano, con affetto e, talvolta, con qualche risata.

Purtroppo, non ce lo ricordiamo, ma se potessimo ricreare quel contesto, ossia un contesto dove una serie di persone, simpaticamente ed empaticamente, ci “immergessero” negli arcani suoni di una lingua straniera, anche noi, che non siamo più linguisticamente dotati come un bambino piccolo, impareremmo l’arabo, il cinese wu, l’urdu o una qualsiasi altra lingua. E’ solo che riprodurre quelle condizioni è tanto difficile!

Ho letto da qualche parte che servono tra 600 e 1200 ore di studio e pratica per raggiungere scioltezza in una lingua (la differenza tra i due numeri è data dalla vicinanza o lontananza dell’altra lingua alla nostra). Pertanto, se una persona che ha una vità già piena (lavoro, figli, incombenze varie) dedica solo un’ora settimanale alla lingua straniera avrà bisogno di quindici anni a per diventare fluente (senza contare tutte le cose uno dimentica quando non ha la necessità di usare quella lingua in modo attivo ogni giorno…).

All’altro estremo, se si studia davvero intensamente, è possibile accumulare 40 ore in una settimana. A questo ritmo, si può raggiungere un po’ di scioltezza in 10-12 settimane.

Viceversa, gli studi a bassa intensità, specie con una nuova lingua sono poco efficaci perché – come accennavo – si finisce per dimenticare una grande percentuale di ciò che si impara. La maggior parte delle persone non ha 10 o 12 settimane libere per uno studio intenso, ma capirlo aiuta a essere realistici su ciò che si può ottenere, in modo da non finire per demotivarsi.

Come raggiungere allora un livello almeno discreto?

 

I fattori chiave per apprendere una lingua

Vi sono due fattori-chiave per l’apprendimento delle lingue da adulti: la motivazione e la strategia di apprendimento (per quanto riguarda i bambini, invece, meglio leggere altri post che ho scritto sull’apprendimento delle lingue).

Quanto alla motivazione, per imparare una lingua da adulti bisogna essere sorretti da uno scopo che abbia un senso. Questo senso può variare da persona a persona: può essere in vista di un trasferimento all’estero, di un incarico di lavoro che implica l’uso della lingua, della ricerca di nuove opportunità, oppure per imparare la lingua di una persona che ci è cara o del luogo in cui andiamo in vacanza.

Quanto alla strategia, il migliore apprendimento è quello “nel contesto” ossia non nella fictio dell’aula di lingue ma sul campo (professionale o ludico) in cui vogliamo usarla. I casi e le situazioni presentati in un libro di testo sono spesso – per quanto verosimili – lontani dal nostra esperienza. Se imparo una lingua per il lavoro mi servirà anche acquisire un lessico tecnico che invece non mi serve – almeno non subito – se sono in vacanza e mi trovo a cercare una spiaggia, una banca o il migliore ristorante del paese. Una lingua è fatta anche di segnali non linguistici che si ottengono preferibilmente in una situazione reale oppure, se fittizia, simile a quella reale.

Servono i corsi di lingua?

In Estate all’estero: ha senso fare un corso di inglese “formato famiglia”? consigliavo, a chi me l’aveva chiesto, di stare alla larga dai corsi di lingua anche per gli adulti, ma di cercare un corso all’estero di qualcosa che ci piace (giardinaggio all’informatica, tutto va bene), in modo da trovarsi con i parlanti nativi di quella lingua.

Se invece uno comincia da zero con una lingua, che sia francese o arabo, cinese mandarino o tedesco, il corso può servire a gettare le basi.

Come immergersi nella lingua straniera rimanendo a casa propria

Il modo migliore sarebbe quello di frequentare il più possibile persone che la parlano, ma anche quando ciò non è possibile, la tecnologia corre in nostro aiuto.

Chiudete Facebook, spegnete la tv (se non in lingua!) e dedicate un po’ di tempo a conoscere meglio i siti e le APP che seguono. La maggior parte, come al solito, sono utili per l’inglese. Ma chi fosse interessato ad altre lingue legga bene, perché vi sono risorse con cui ci si può esercitare in più lingue.

Siti web, APP e conferenze

La rete offre tantissimo gratis per le lingue e molte APP sono pure divertenti. Rimane sempre la questione della motivazione e della costanza però: quella ognuno deve metterla per sé…

FluentU  è molto più di una selezione di video di YouTube: si tratta di un ottimo software interattivo studiato per aiutarti ad imparare spagnolo, inglese, francese, cinese, tedesco e giapponese. I video sono presi dal web ma accuratamente scelti per insegnare le lingue.

Duolinguo funziona più per lo scritto e applica il metodo di apprendimento “Rosetta Stone” (il nome viene dalla Stele di Rosetta).  E’ nato come un sito ma ora è anche un APP per imparare le lingue dallo smartphone, che, ovviamente, funziona con la logica di un videogioco (livelli, obiettivi, numero di vite ecc..). Offre al momento una ventina di lingue straniere, aumentando la difficoltà in modo graduale.

Per l’inglese c’è l’imbarazzo della scelta: Learn American English per l’inglese americano e il canale you tube di Cambridge English per l’inglese britannico. 

Per i livelli più avanzati, consiglio le conferenze TED di cui ho già scritto abbondantemente in Stasera vuoi studiare a Stanford, Harvard o Yale? Accomodati, la lezione è online!  Nel frattempo è arrivato in Italia Netflix, per vedere tanti programmi in lingua originale. Dopodiché c’è tutto il mondo dei podcast…ma ai podcast dedicherò un altro articolo quanto prima…perchè ho molto da scrivere.

Fluent in 3 months

Infine, ricevo e divulgo il suggerimento di uno dei lettori di educazioneglobale, autore anche di alcuni post, Francesco che consiglia un libro particolare: Fluent in 3 months. Pubblico qui di seguito la sua esperienza con questo libro, il libro che – dice – gli ha cambiato la vita, insegnandogli a parlare le lingue straniere!

Ecco la sua esperienza:

Un tempo mi dicevo: un conto è leggere, altro è parlare, e soprattutto capire. Dopo anni di inglese scolastico (e con qualche sforzo in più ) a capire i testi e a scrivere me la cavavo più che bene; rimanevo invece molto titubante quando si trattava di parlare e conversare. Tutto questo fino a quando, due anni fa, non ho incontrato il libro, e la persona, perché mi piace pensare all’autore come ad un amico, che mi hanno portato ad un cambio di rotta radicale: più risultati, ma soprattutto tanto divertimento.

La persona è Benny Lewis, “internet sensation and hyperpoliglot”, un irlandese entusiasta, che viaggia, lavora e si mantiene in giro per il mondo, nei Paesi più diversi, di cui si sforza, con ottimi risultati, di imparare le lingue. Se non vado errato, è arrivato ad otto, più varie altre in cui comunque riesce a farsi capire e a capire l’interlocutore.

Il libro è il suo “Fluent in 3 months” (London, Harper & Collins, 2014, 256 pagine), in cui ha raccolto e ordinato in forma sistematica tutti gli articoli nei quali, dal suo sito web, ha risposto alla più ovvia delle domande: come fai? Ho scoperto questo libro per caso due anni fa, sullo scaffale di una libreria londinese, ma mi sono deciso a scriverne solo ora per due ragioni. Primo, speravo in una traduzione italiana, magari, ma è una mia perfidia, ad uso delle scuole. Benny parla anche la nostra lingua: chissà se mi sente… Secondo, se volete fare sul serio, leggerlo non basta: occorre anche metterlo in pratica, e dall’anno scorso mi sono sforzato di farlo con risultati che hanno stupito me per primo, avendolo applicato all’inglese, allo spagnolo e persino al greco moderno.

Contenuti: si legge con piacere, è scorrevole e chiaro, e si può ridurre, con qualche semplificazione, a tre concetti di fondo.

Primo: la lingua è un fatto di comunicazione. Non preoccupatevi di pronuncia, grammatica, accento e finezze varie: almeno all’inizio, e per un bel po’ in avanti, l’unico vero errore che potete commettere è, appunto, non riuscire a comunicare. Se state imparando, ad esempio, l’italiano e al barista romano chiedete cappuccino e cornetto, avrete sbagliato solo se, al posto della desiderata colazione, vi avranno allungato cacciavite e chiave inglese, o qualcosa d’altro che con la colazione nulla ha a che fare. La grammatica, specie se somministrata troppo presto, e a dosi troppo elevate, serve solo a paralizzarvi la lingua, come successe a me con lo spagnolo; serve invece dopo, per sistematizzare quel che sapete e salire di livello.

Secondo, se la lingua è un fatto di comunicazione, per impararla dovete, appunto, comunicare. E qui arriva il più grande dei consigli di Benny: START SPEAKING FROM DAY ONE. Sapete tre parole della lingua che state studiando? Bene, adoperatele. E’ solo così che ne imparerete altre, e Benny vi spiega nei dettagli come incominciare e come proseguire.

Terzo, per parlare una lingua straniera, recarsi nel Paese relativo indubbiamente aiuta, ma non è in alcun modo necessario. Benny ci suscita una riflessione. Ognuno di noi conosce, ad esempio, italiani che vivono da lungo tempo in un Paese anglofono, ma non parlano una parola di inglese: si rinchiudono in quella che Benny chiama la “expat bubble”, ovvero la comunità dei connazionali, che nelle città medio grandi comprende spesso, oltre ai classici negozi e ristoranti, anche attività associative, giornali, e talora canali radiofonici e televisivi, tutti nella lingua di origine. Perché non dovrebbe essere possibile fare il contrario, ovvero creare a casa nostra una “bubble” nella lingua desiderata? Scoprirete leggendo che è più facile di quel che credete, e da quel momento in poi vedrete con occhio molto diverso i negozi etnici dietro l’angolo di casa vostra”.

A me ha messo curiosità il suo racconto, e a voi?

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Comments

  1. Ciao Elisabetta, come sai questo argomento mi coinvolge molto perchè sono un paio di anni che mi cimento con l’apprendimento dell’inglese pur essendo io già 50ish.
    Tantissimi sono gli strumenti utili ma sono tre i punti che vorrei segnalare.

    – Concordo pienamente con te asserendo che i corsi non servono a nulla , tranne in effetti nella fase proprio iniziale
    – la lettura su kindle è rivoluzionaria perchè consente un accesso immediato alla traduzione : basta appoggiare il dito sulla parola per leggerne la traduzione nel dizionario associato. Si possono anche mettere da parte espressioni e parole che piacciono, che possono essere riviste ogni momento
    – é però l’ossessivo ascolto dei podcast il vero strumento chiave. La lingua si impara soprattutto ascoltandola. La lettura è importante per avere un vocabolario base che consenta la comprensione via audio

    Mi sono scaricata subito “Fuent in 3 months” anche se nel mio caso ci vogliono almeno 3 years. L’importante è non mollare e divertirsi
    Marina

    1. Cara Marina, d’accordissimo su tutto e mi hai fatto sorridere perchè hai notato del kindle esattamente la stessa cosa che dice mio marito, che si innervosisce per la misurazione dei libri “a percentuale” che fai il kindle ma lo considera comunque il mezzo più efficiente per imparare nuove parole se si legge in più lingue.

      1. Approfitto vs competenza e gentilezza x chiedere un parere su come impiegare in maniera proficua un mese estivo in Inghilterra per una ragazza 18enne con conoscenza scolastica dell’inglese ed una esperienza di 15 gg a Londra lo scorso anno c/o una delle tante scuole internazionali. La ragazza desidererebbe una maggiore indipendenza e + contatto con madrelingua anche se consapevole di non avere solide basi linguistiche. Grazie mille

        1. Caro Alessandro, se per caso hai letto qualche mio intervento su questo sito, sai che io sono politicamente assai scorretto, e non voglio smentirmi. Parto da una premessa, ovvero che conoscenza scolastica dell’inglese non abbia il significato che di solito si attribuisce alla frase, cioe’ livello zero. Se tua figlia e’ stata in una scuola internazionale (in che termini esattamente? ti va di raccontarci qualcosa sull’esperienza?) e desidera tornare, io direi che nuota e sta a galla. Detto questo, io mi muoverei cosi’: mi recherei qui in Italia ad una seria scuola di lingue, tipo oxford, e mi iscriverei al corso per un certificato di livello immediatamente superiore a quello che ho. Se dovessi azzardare una previsione, direi che la giovane ora e’ sullo A2 plus, e quindi andrebbe al B1. Poi, approfittando del fatto che la stessa e’ maggiorenne e come cittadino UE puo’ lavorare (ubi Brexit, vado in Irlanda!) trascorrerei il mese di soggiorno in una localita’ non frequentatissima da italiani e li’ mi troverei un lavoretto,ovviamente presso un titolare che non sia italiano. Al ritorno, torno alla mia scuola e mi faccio il test Cambridge di livello, che a questo punto supero a occhi chiusi. Risultato: sul curriculum ho un titolo e una piccola esperienza di lavoro, e mi sono anche finanziato, almeno in parte, il progetto. Un selezionatore intelligente, quando affrontera’ un colloquio per un lavoro, dovrebbe essere favorevolmente colpito. Facci sapere!

  2. Ciao Elisabetta.
    Seguendo il tuo consiglio salto su questo post più appropriato per il mio caso di 41enne che vuole acquisire un livello fluent di inglese.
    Se ho ben recepito il messaggio che dai, l via più efficace (e dunque anche più breve) sarebbe quella di fare una full immersion di un tre mesi, preferibilmente all’estero, dedicandomi allo studio ma soprattutto impiegando il mio tempo libero in attività dove devo comunicare in inglese in modo da collezionare più ore che posso di pratica. A quel punto tu quanto tempo max riserveresti allo studio piuttosto che ad una attività ludica o lavorativa? Grazie

    1. E’ una domanda cui è molto difficile rispondere in assoluto, perchè dipende dalla base che già hai e dal tipo di persona che sei, per alcuni è utile un’ora, altri ne fanno fruttare anche di più.
      Ho un amico poliglotta che studia le lingue straniere per conto proprio, “a tavolino” diciamo. Si procura una gramnmatica, un corso e materiale audio e video e si mette al lavoro. Quando si è impratichito della lingua, durante le vacanze si organizza un viaggio in loco alla buona, risiedendo presso famiglie locali. Almeno questo faceva prima di avere moglie e figlio. Però è un professore di lingua e letteratura ispano americana in Canada e conosce già molte lingue, dunque ogni lingua in più si costruisce su una solida base di riferimenti incrociati. Voglio dire che per un persona molto intellettuale lo studio paga (lui afferma che impara bene lingue straniere grazie ad una solida conoscenza delle strutture grammaticali), per altre persone meno. Ad ogni modo è la necessità che ti spinge ad usare una lingua, dunque la necessità devi creartela attraverso una immersione totale: leggere, ascoltare, vedere, comunicare solo in quella lingua, anche se sei ad un livello bassissimo. Comunque, se dovessi scegliere l’Inghilterra, evita Londra perchè è piena di italiani.

      1. Buonasera Elisabetta. Sai se Francesco Spisani scrive ancora qui sul tuo blog? Sto aspettando da lui una risposta ma non sono certo mi abbia letto. Eventualmente sapresti come posso mettermi in contatto? Grazie

    2. Ciao Roberto, sono il Francesco Spisani di cui si parla in questo post, e vorrei, se tu vuoi, e per quel che posso, aiutarti. Sono anche io autodidatta, quindi qualcosa in comune lo abbiamo. Per consigliarti, pero’, avrei bisogno di maggiori dettagli. Intanto, dove ti situi come partenza, possibilmente in termini di quadro europeo. Poi, che tipo di strategie hai finora utilizzato, se possibile in dettaglio. Infine, perche’ ti piace l’inglese. Saputo questo, provero’ a dirti qualcosa di piu’ preciso.

      1. Ciao Francesco e scusa se mi accorgo solo ora della tua disponibilità. Il mio livello di partenza è un B1 acquisito attraverso saltuari corsi di lingua fatti in aula o, negli ultimi anni, on line. In pratica ho seguito un corso di inglese di gruppo in aula per un anno intero più di 10 anni fa. Ho ripreso lo studio tre anni fa attraverso un corso on line pagato dalla mia azienda e studiando 40/60 minuti quasi tutti i giorni con delle sedute settimanali di 30 minuti di conversazione su skype con insegnante madrelingua. Successivamente ho fatto trenta ore di lezioni private di conversazione con insegnante madrelingua in una scuola di lingue, provato un testo di Peter Sloan, ed infine ho riprovato a studicchiare con la piattaforma ABA English ma mi sono fermato quasi subito. Alla fine dopo i primi risultati raggiunti diciamo che il mio livello si è bloccato. Studiare inglese mi interessa tanto perché mi aiuterebbe a viaggiare all’estero ed a comprendere molto più il mondo che mi circonda dato che oramai è presente dappertutto. Che voglia leggere Spider-man in originale, vedere un film in lingua originale, comunicare con stranieri o comprendere un nuovo spot in televisione mi sarebbe utile. Forse le mie motivazioni sono state sinora troppo “deboli” ma ora, pur avendo già un posto di lavoro in banca, ho deciso di studiare per un bando di esame di accompagnatore turistico e la lingua inglese mi sarebbe necessaria per poter poi esercitare la professione. In pratica sto cercando di finalizzare i miei interessi in qualcosa di concreto in modo da non disperdere energie e tempo. Ora però sto cercando di capire che strategia utilizzare per ottenere il massimo risultato nel minor tempo possibile. Sono anche disposto a recarmi all’estero per tre mesi ma vorrei star tranquillo di non buttar via tempo e soldi per qualcosa che poi posso fare anche qui a Roma dove vivo. Grazie per quello che vorrai consigliarmi.

        1. Caro Roberto, scusa se ho tardato a risponderti, gli è (come dicono i toscani) che la risposta non è facilissima e ci ho dovuto pensare: scusami se sarò impertinente e/o politicamente scorretto, ma qualcosa mi dice che, se leggi questo sito, già mi conosci.
          In primo luogo, mi dici che, pur lavorando già in banca, vorresti, se non ho capito male, lasciare quest’attività per intraprendere la professione dell’accompagnatore turistico. Sulle ragioni e motivazioni che ti spingono, ovviamente non posso, e non vorrei, dir nulla. Osservo però, poiché conosco persone che fanno l’accompagnatore turistico a Venezia, che il livello richiesto in questo caso è molto elevato: una mia amica, che è madrelingua russa e parla comunque molto bene l’italiano, che è la lingua di suo marito, per fare la guida turistica in inglese ha conseguito il C2, e mi pare che è un requisito che si commenta da solo. Oltretutto, anche ammesso di arrivare a questo livello – e non è facile- l’inglese in aggiunta all’italiano per fare la guida turistica non basta: di fatto, per lavorare bene, bisogna padroneggiare una lingua ulteriore, che di solito è appunto il russo, oppure il cinese o il giapponese, poiché è da questi Paesi che provengono i flussi turistici più importanti.
          A prescindere da tutto ciò, e quindi se vogliamo limitarci ad una conoscenza dell’inglese a fini personali, il mio primo consiglio, per motivarti, è finalizzare lo studio ad un esame, ovvero al classico Cambridge, da affrontare, diciamo, nella primavera del 2017. Se hai già il certificato B1, corrispondente al livello che dichiari, allora prepara il successivo, ovvero il First, che è un B2, altrimenti consolida il livello preparando il B1. Accanto a questa preparazione più accademica, dovresti poi, a mio avviso, impostare un discorso pratico, ovvero usare la lingua nel quotidiano. In proposito, ti consiglio ancora una volta di leggere il libro di Benny Lewis: adesso c’è anche in italiano, ma la versione originale sarebbe un ottimo esercizio (siamo sul B2 come difficoltà). Metti in pratica qualcuna delle strategie che lui ti suggerisce, e vedrai il risultato. Io personalmente, con quel metodo, sono riuscito a parlare greco moderno – se pure a livello molto basico- in vacanza dopo un corso di sessanta ore all’università popolare. Fammi sapere, non vedo l’ora di seguire i tuoi progressi!

          1. Buongiorno Francesco e ancora grazie per i tuoi consigli. Intanto ho già comprato il libro di Benny Lewis che conto di leggere nei prox giorni. Quanto alla “nuova professione” mi informerò meglio sul discorso della conoscenza della lingua straniera anche perché l’ accompagnatore turistico non si occupa di fare da “guida” nei siti ma solo di curare l’accompagnamento dei gruppi e lo svolgimento del programma. Quanto al certificato Cambridge FIRST è certamente un mio obbiettivo ma il consiglio che ti chiedevo e se fosse più efficace studiare in italia o fare un investimento ed andare tre mesi all’estero. Non ti chiedo tanto una valutazione economica ma di merito. Grazie
            p.s. non ti conoscevo sino a quando hai cortesemente voluto rispondere al mio post la prima volta.

  3. Meglio tardi che mai! Ε’ uscita la traduzione, abbastanza accurata, del mitico libro di Benny: l’hanno intitolato “Il parla lingue” (titolo un poco insulso, ma passi), e’ edito da Sperling e costa (piu’ dell’originale ovvero) 16 euro. Adesso davvero non ci sono piu’ scuse, e vorrei che lo comprasse, per parlarne con il docente, anche qualche studente di scuola secondaria.

  4. Per Roberto. Non intendevo necessariamente di persona, anche dai miei post precedenti.
    Se hai letto Benny Lewis puoi poi prevedere la risposta. Prescindendo dal vil danaro, studiare in Italia o all’estero e’ lo stesso, purche’ in quel periodo tu davvero ti immerga nella lingua. Volendo estremizzare:
    – giornata in Italia in cui parlo in inglese due ore su Skype, leggo il giornale in inglese, vado a lezione da un madrelingua che parla solo inglese, guardo un film in inglese….buono!
    – giornata in Inghilterra in cui mi alzo, vado al caffe’, la cameriera mi sgama subito “Aah, sei italiaaano, io sono di Milaaano” e continua cosi’, vado al corso con altri dieci italiani “uhe che si fa stasera? paisa’, na pizza insieme” ….NO buono!
    Spero di esserti stato utile, e fammi sapere il tuo giudizio sul libro di Benny.

    1. Buonasera Francesco Spisani. Mi chiedevi un giudizio su libro di Benny ed eccomi qua pronto. Ho trovato il testo molto utile anche se agli occhi di molti potrebbe apparire banale o assurdo nel modo in cui propone l’approccio e lo studio ad una lingua straniera. In altri termini lui non fa altro che sottolineare e ribadire un concetto poi semplice: per imparare una lingua straniera veramente devi essere veramente motivato. Meglio se le motivazioni sono dettate dal tuo IO piuttosto che dall’esterno. Se c’è quello allora si può fare e lui propone tanti modi originali e moderni di approcciare la lingua straniera ma soprattutto di praticare perché, ovviamente, il successo è dato da quanto tempo dedichi alla pratica della lingua ancor prima che allo studio tradizionale a mezzo libri. Le risorse disponibili per apprendere oggi non mancano. Si tratta solo di cercare poi quelle più adatte a sé nella situazione in cui ci si trova. Tutto però deve portare a realizzare quella full immersion che può dare risultati veramente significativi. Mi sentirei dunque di consigliare il testo a chi abbia voglia di intraprendere la strada dell’apprendimento di un’altra lingua perché credo spieghi bene lo spirito giusto con cui approcciare la cosa ed affrontarne le prime difficoltà.

  5. Ho usato questa piattaforma per la preparazione alla certificazione ufficiale
    https://bit.ly/3ieAfYL

    Viene simulata la prova reale di certificazione
    E disponibile per l’inglese, lo spagnolo ed il francese (anche professionale)

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