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Scuola: a che serve l’analisi logica?

educazioneglobale analisilogicaA che serve l’analisi logica? Se lo chiedono migliaia di studenti e cominciano a chiederlo anche tanti genitori, che pure la studiavano con profitto. A giudicare dai forum di discussione degli insegnanti, se lo chiedono persino gli addetti ai lavori. Forse è solo al MIUR che non se lo chiede nessuno, per timore di smantellare insegnamenti tradizionali e sostituirli con chissà che cosa.

A metà anno scolastico la mia secondogenita ha scagliato il libro di analisi logica all’altro angolo della stanza e ha urlato “bastaaaa!”. Nell’arrabbiarmi con lei per la reazione (e per i danni riportati al volumetto lanciato per aria), non potevo non constatare che il famigerato e vetusto “Tantucci”, il libro celeste e blu di analisi logica usato da almeno tre generazioni di studenti, era venuto a noia anche a me.

C’è il fatto, incontrovertibile, che, alla secondogenita, l’analisi logica non entra proprio in mente; la ragazza è brillante – dicono – ma ha una “memoria di lavoro” breve. Sarà questo il problema? O è forse il senso d’inutilità ingenerato dall’esercizio dell’analisi logica in sé?

Vorrei chiarire subito – qualora queste riflessioni fossero lette da qualche insegnante in un particolare momento di malumore – che non ho conti in sospeso con la materia. Se sono ignorante, insomma, è un’ignoranza di ritorno: molto ricordo e altrettanto ho dimenticato, ma io in analisi logica andavo bene. Avevo imparato la ritualità delle domande (A chi? A che cosa?, Di chi, di che cosa?), i complementi di base (complemento di specificazione, complemento oggetto etc…), quelli che consideravo bizzarre variazioni di complementi già noti (come il complemento di argomento o quello di unione), i relativi casi in latino (accusativo, genitivo, l’onnipresente ablativo e così via). In realtà ero brava – lo capisco solo ora – per tre motivi. In primo luogo ero il classico genere di studentessa che aveva facilità con le parole e tale abilità si estendeva a tutte le materie che utilizzassero, appunto, solo parole; in secondo luogo, ero aiutata da un’ottima memoria; infine, non mettevo in discussione mai nulla di quanto mi veniva insegnato a scuola. In breve, studiavo bovinamente e con profitto qualsiasi concetto che mi fosse presentato sotto forma di “cultura” e che non implicasse segni matematici, soluzione di problemi complessi o logiche quantitative.

Dunque, se ce l’ho con l’analisi logica (e anche con quella grammaticale) non è per qualche conto in sospeso che ho con la materia in sé ma per il fatto che, sempre più, mi pare un esercizio fine a se stesso.

Ora, non dico che non serva un minimo (ripetete con me: un minimo!!) di consapevolezza grammaticale…forse un po’ di riflessione sulla lingua è effettivamente utile. Sapere cosa è un verbo o un aggettivo può renderci più consapevoli di come usiamo la lingua (o le lingue) che parliamo.  Ma studiare il “complemento di età” mi pare superfluo. Allora perché si insiste con tutta questa analisi logica? Alcuni affermano che serve genericamente per “esercitare la mente. Sono le stesse argomentazioni che si sono utilizzate per generazioni sullo studio del latino!! Come materia che “forma la mente” (mentre è scientificamente provato che è un’altra la materia che insegna a ragionare).

Qualcuno entra più in dettaglio e afferma, meccanicamente, che aiuta a sviluppare il “ragionamento logico”. La pretesa è quanto mai peregrina. Copio da una discussione trovata su Internet il parere di un docente: “A dispetto di quel ‘logica’ di logico nell’analisi logica c’è poco. Pretende di analizzare elementi logico-sintattici con un approccio semantico. Con uno strumento del genere, si capirà sempre ben poco della struttura di una lingua e del modo in cui le parti del discorso si legano tra loro”.

Il peso dato alla materia, in realtà, deriva dall’esigenza di far poi digerire lo studio del latino ed, in particolare, di somministrare agli studenti quella particolare forma di sadismo che è la traduzione dall’italiano al latino. Del mio stesso avviso sono anche alcuni docenti. Copio da un forum di discussione quanto scrive un insegnante: “il punto è che l‘analisi logica nasce come attività propedeutica allo studio di lingue flessive (direi soprattutto del latino) ….. Per studiare queste lingue (tedesco compreso), però basta uno zoccolo duro: soggetto, predicato verbale e nominale e poco altro”.

Oggi non si fa più latino alle medie – almeno non è obbligatorio farlo – dunque, esauritasi la finalità pratica della versione dall’italiano al latino, l’analisi logica rimane un elenco meccanico di complementi. Se l’analisi logica serve solo alla traduzione dall’italiano al latino e se non è neanche logica perché la si insegna?

Il senso d’inutilità mi pare lo stesso anche per l’analisi grammaticale o la ripetizione dei verbi a memoria. Qual’è il trapassato prossimo del verbo “baciare”? Non lo so, ma immagino di saperlo usare, non sbagliavo i verbi neanche da bambina. Ormai, non faccio più differenze: forse è un mio limite ma mi pare che nella scuola italiana domini una sorta di accanimento grammaticale.

Abbiamo detto che l’analisi logica è stata utilizzata da una lunga serie di generazioni di insegnanti per una finalità eminentemente pratica: la versione dall’italiano al latino; ma ha ugualmente preteso di essere una descrizione esauriente della lingua italiana. Serve forse per scrivere meglio in italiano? In realtà tutti i linguisti concordano sul fatto che l’insegnamento della grammatica e dell’analisi logica non servono per migliorare la capacità di esprimersi o di usare correttamente la lingua.

Temo che la scuola italiana abbia con la lingua italiana lo stesso problema che ha con le lingue straniere. Prendiamo queste ultime. Generazioni di studenti italiani hanno studiato inglese e poi un po’ di francese o spagnolo a scuola. Imparano i rudimenti grammaticali della lingua, a dire e chiedere che ore sono, com’è il tempo, cosa è il genitivo sassone o il subjonctif in francese. Poi vanno all’estero e hanno bisogno dell’interprete! E questo perché non imparano con un metodo comunicativo, per immersione (come si fa per la madrelingua e si dovrebbe fare con le lingue straniere), ma con un insegnamento grammaticale – traduttivo, fine a se stesso.

Si è applicato quindi alla lingua viva quello che serve per lo studio della lingua morta.

E lo stesso vale anche per l’italiano. Chi di voi prima di parlare o prima di scrivere pensa a quello che vuole dire e verifica se sia corretto dal punto di vista dell’analisi logica (o grammaticale o del periodo)? A parlare e a scrivere bene non s’impara sapendo cosa è il complemento di argomento!

Non lo dico solo io. In una intervista al quotidiano La Repubblica, Luca Serianni, storico della lingua e autore di saggi sull’insegnamento dell’italiano nelle scuole (L’ora d’italiano e Leggere scrivere argomentare, entrambi pubblicati da Laterza), diceva: “si insiste troppo sulla teoria grammaticale, specie nella scuola media e nel biennio. Talvolta si sfiora l’ossessione su nozioni di analisi logica del tutto inutili: è davvero fondamentale distinguere il complemento di compagnia dal complemento d’unione? Bisognerebbe soffermarsi di più sulla componente semantica, permettendo in questo modo di affinare la padronanza lessicale. E poi scrivere bene implica leggere bene”.

Insomma, lo afferma anche un italianista: molte nozioni di analisi logica sono “del tutto inutili” e, certamente, non servono a scrivere bene. Per quello serve leggere. Ma il tema della lettura richiede un post a parte! Alla prossima settimana, dunque!

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Comments

  1. a che serve l’analisi logica? Non serve solo per lo studio del latino, signori miei e non è una cosa poco seria. Serve anche per imparare altre lingue moderne in maniera corretta e completa. In Svezia per esempio, l’analisi grammatica e logica si iniziano a studiare all’università, quindi non prima dei 19-20 anni. Lo Skolverket (il ministero dell’istruzione svedese, diciamo) è convinto che a scuola si debbano imparare la propria lingua e le lingue straniere solo allo scopo di comunicare (leggete: ordinare al ristorante, andare in farmacia descrivere la propria famiglia) per cui va bene anche fare errori grammaticali di una certa gravità fin tanto che la comunicazione non venga rovinata. Per cui abbiamo ragazzi e adulti che non sanno la differenza nello svedese fra “de” (essi) e “dem” (loro) per cui pronunciano e scrivono “dom”. Lo studio della lingua straniera ne è danneggiato: gli svedesi sono noti per la loro bravura nell’imparare le lingue (mito esagerato), ma a parte l’inglese (che parlano grammaticamente maluccio e che non imparano a scuola,bensì dalla tv, ottima maestra della lingua di Sua Maestà) nel momento in cui devono imparare la terza lingua cascano dalle nuvole. A 13 anni non sanno cosa sia un articolo né cosa sia un verbo, figuriamoci se sanno cosa sia la sintassi, per cui dopo sei anni di studio di una lingua elaborano ancora frasi come “io mangiare mela” che si tratti di una frase al presente, al passato o al futuro. Quando iniziano a studiare la lingua straniera all’università, devono prima passare un esame di… ANALISI LOGICA. Io ho colleghi universitari che quando parlano in spagnolo o in italiano, non si capisce assolutamente nulla di ciò che dicono. Ho un professore di spagnolo che è svedese e maledice il fatto che lo studio della sintassi non si faccia dalle elementari alle medie come avviene nei paesi del sud Europa.

    1. Mi pare tu stia mettendo sullo stesso piano l’analisi del periodo e l’analisi logica, che sono due cose diverse e di utilità diversa. Distinguere un verbo da un aggettivo è una cosa, invece studiare i casi in latino del complemento di argomento è un’altra. Poi è la tua parola contro quella del prof. Luca Serianni. Viene il dubbio che del post tu abbia letto solo il titolo.

      1. L’articolo, che ho ben letto, svaluta in generale e con superficialità l’analisi logica, strumentalizzando le critiche che un intellettuale dal pensiero complesso come Serianni, giustamente, fa del suo insegnamento; il prof Serianni ha scritto vari manuali per l’insegnamento dell’analisi logica alle medie e alle superiori (o alla secondaria, come si dice oggi), ed esistono approcci differenti e moderni ad essa (ad esempio, la grammatica valenziale) – Le critiche sono utili quando si basano su una conoscenza ben approfondita di quella materia e del suo insegnamento, e sanno differenziare, senza buttare con l’acqua sporca anche il bambino – L’analisi logica serve a costruire una metariflessione sulla lingua, indispensabile a maggior ragione oggi, quando noi docenti di Lettere ci troviamo di fronte a ragazzi che dicono una cosa per un’altra, vivono in un fluire di messaggi semi-indifferenziati e faticano a comporre discorsi ben articolati a partire da una frase semplice, altro che analisi del periodo (scusate per la punteggiatura, problemi gattogenerati)

        1. Gentile Giulia, la ringrazio intanto per il suo commento. E’ vero: ho utilizzato le affermazioni del prof. Serianni un po’ strumentalmente e certamente in modo superficiale ma il punto è che, soprattutto alla scuola media, più della riflessione meta-linguistica credo serva più esercizio di scrittura, visto che molti giovanissimi faticano ad esprimere con chiarezza il loro pensiero per iscritto e non sanno fare un riassunto. L’analisi logica serve soprattutto per affrontare correttamente lo studio del latino, in particolare per quello dell’epoca classica, che peraltro non tutti gli studenti affronteranno alle superiori. Sarà per questo che la scuola media è il momento in cui i divari tra gli studenti aumentano drasticamente?

  2. Zoccolo duro? Ormai gli studenti non sono nemmeno più in grado di distinguere il predicato verbale da quello nominale.
    L'”accanimento grammaticale” di cui si parla mi pare che cozzi con le statistiche che riportano l’indicibile aumento e/o persistenza di errori di ortografia e di senso che si trovano persino nelle tesi degli studenti universitari; o, forse, questo accanimento è realtà e cerca di contrastare il dilagare di queste statistiche.
    Mi pare che l’argomento sia affrontato con un certo pressappochismo. Non bisognerebbe poi cadere nella tentazione, solo perché abbiamo generazioni di ragazzi/adolescenti che non intendono più applicarsi allo studio nel senso stretto del termine, di etichettare lo studio in sé come “attività bovina”.

  3. L’analisi logica è utile perché in teoria dovremmo fare quanto espresso nella domanda riportata in questo forum che riporto : Chi di voi prima di parlare o prima di scrivere pensa a quello che vuole dire e verifica se sia corretto dal punto di vista dell’analisi logica (o grammaticale o del periodo)? È vero che probabilmente quasi nessuno fa quanto viene detto in questa domanda, ma questo non vuol dire che sia corretto non farlo. L’analisi logica (e anche le altre analisi in un modo o nell’altro. L’analisi grammaticale e logica sono molto collegate. Pensiamo ai pronomi personali soggetto e pronomi personali complemento) serve a questo. Serve ad esprimere i propri pensieri in maniera grammaticalmente corretta e di conseguenza, in maniera comprensibile. La grammatica è importante. Se poi vogliamo parlare in maniera scorretta e pronunciare frasi come: a me mi devi dare, se io potrei o io le vacanze le passo al mare e così via, beh a questo punto non ho niente da aggiungere. Saremo capiti certo, ma parleremo come trogloditi cioè persone che non conoscono affatto la loro madrelingua e le sue regole per parlarla bene, che la parlano semplicemente perché la sentono da quando sono nati ma che non sanno minimamente come funziona e come usarla. Questo è tutto. La grammatica ha la sua utilità. E serve per parlare bene in maniera corretta. A noi studiarla e avvalercene o rifiutarla. Il resto sono discorsi.

    Rispetto le idee del professor Serianni, ma, come ho scritto nel precedente commento, secondo me l’analisi logica è utile. Leggere aiuta a parlare e scrivere bene. Su questo non discuto affatto. Bisogna leggere. Certamente. Sicuramente. Sono d’accordo. Da qui a dire che, per questo motivo, la grammatica è nello specifico l’analisi logica non servano a nulla, secondo me ce ne passa. Rispetto le idee del professor Serianni, ma non sono d’accordo. Non c’è nulla di strano.

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