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Adulti, adolescenti e mediazione della realtà

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Da quando vi sono il web e i social network e da quando i telefoni si sono  fatti “intelligenti” e si sono trasformati – in sostanza – in elaboratori tascabili, l’adulto ha perso il ruolo di “mediatore” delle informazioni e di “interprete” della cultura nei confronti degli adolescenti.

Docenti e genitori non mediano tra il mondo esterno e gli adolescenti; questi ultimi ricevono testi, immagini e video – nelle più diverse combinazioni –  direttamente sui loro smartphone (o “furbòfoni” come li chiama una mia collega).

Il fenomeno non è nuovo: già in passato libri e fumetti, riviste, radio e televisione potevano rivolgersi direttamente ai giovani senza la mediazione di un adulto. Eppure, la differenza è ovvia, sia per via delle dimensioni del fenomeno (la quantità di messaggi che un essere umano può ricevere in pochi minuti con una connessione veloce è impressionante), sia per via  degli interessi economici delle aziende nei confronti degli adolescenti come fascia di consumatori.

La perdita del ruolo di mediatori e di interpreti della realtà da parte degli adulti porta con sé due ordini di problemi, che hanno diverse conseguenze, sia simboliche che pratiche. Forse porta anche vantaggi, assai più difficili da vedere, ma prendiamo in considerazione prima di tutto i problemi, se non altro perché i vantaggi non sono chiari a chi scrive.

Il primo ordine di problemi è una perdita di autorità dell’adulto agli occhi del giovane, per due motivi:

(1) In un mondo in cui la novità o la modernità è la meta a cui tendere, l’adulto arriva sempre con ritardo  (non sa usare l’ultimo smartphone, non conosce l’APP che usano i quindicenni o i dodicenni…);

(2) in un mondo in cui la fama è spesso misura del valore ma è ancora più breve ed effimera dei 15 minuti di cui parlava Andy Warhol (non a caso uno dei titoli assegnati ai temi per la maturità nel 2016) l’adulto ignora i riferimenti della cultura pop che sono importanti per alcuni adolescenti. Quale è l’ultimo viner californiano di successo su you tube? Quali sono i tre cantanti pop internazionali più in voga al momento? Su cosa vertono le ultime serie tv o web che piacciono agli adolescenti o i romanzi per young adults?

L’adulto che, per definizione, ignora le subculture dei teen agers, vive in un mondo che dagli adolescenti è visto come “antico”, almeno fintanto che non iniziano ad interessarsi ad argomenti più vasti ed importanti.

Mi si dirà che non sono questi i grandi problemi del mondo; ma lo sono per tanti preadolescenti e adolescenti, che non si accorgono di essere meri consumatori di subculture pop. L’adolescenza è diventata un immenso business, dal momento che è proprio in questa “età di mezzo” che si hanno meno freni.

Il secondo ordine di problemi è – a mio avviso – più pericoloso del primo e riguarda il fatto che tutto quello che arriva all’adolescente, oggi più di ieri, arriva direttamente, senza mediazioni. E’ tutto ingigantito ed enfatico, drammatizzato allo stremo, come la recitazione o la trama di certe serie tv americane.

Nel medesimo tempo, è tutto sullo stesso piano, tutto appiattito e privo di dimensione critica o di profondità storica. E’ per questo, ritengo, che molti ragazzi hanno difficoltà a cogliere le relazioni tra fenomeni avvenuti in passato o a collocare gli avvenimenti nel tempo. Il 1800, il 1900 o la Roma imperiale sono periodi che hanno, per molti di loro, una stessa caratterizzazione di inattualità, perché la cesura data dall’avanzamento tecnologico li rende tutti egualmente sbiaditi.

Questo secondo ordine di problemi mi pare il più grave. Gli adulti, quando visti dall’occhio di un adolescente, sono visti come un antipatico ostacolo ai propri desideri ma hanno perso quella funzione di “setaccio” della conoscenza che avevano un tempo, che era comunque utile.

Chi si ritrova, come me, in questa generazione di adulti, i primi ad avere figli iperconnessi, si trova smarrito. Alcuni, per il primo ordine di problemi citato: ossia per la perdita di autorità. Per rispondere a questa perdita, la tentazione, per molti, è quella di rincorrere la novità o la tecnologia in una sorta di dimensione di eterno adolescente. Un circolo vizioso che contribuisce ulteriormente a sminuire il ruolo dell’adulto.

Assai più preoccupante, credo, che sia il secondo ordine di problemi. Se l’adulto – genitore, docente, educatore – non è più il setaccio delle conoscenze, il mediatore e l’interprete delle informazioni e degli stimoli, si perde il passaggio di nozioni da una generazione all’altra.

Questo vorrà dire che gli adolescenti che, per definizione, possono avere o hanno idee nuove o conoscenze nuove, non sapranno, però dove collocarle nel tempo e nello spazio o che importanza dargli.

E’ come ereditare un grande museo, colmo di opere e di storia, un Louvre, insomma, e poi non conoscerne non solo i contenuti già presenti ma neanche sapere dove trovare le informazioni su come interpretarli. Soprattutto, non avere idea di come e dove appendere i quadri futuri né come distinguere le opere che vivranno nel tempo dalle croste.

Ingenuamente, quando ero una ragazzina, ritenevo che ogni generazione sarebbe stata più sapiente delle precedente, che avrebbe portato con se’ tutte le conoscenze precedenti meritevoli di essere ricordate e, in più, conosciuto il futuro. Mi sbagliavo; del resto ero un’adolescente…

 

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