Nonostante in Italia si legga poco, il mercato editoriale per ragazzi non langue: un po’ perché anche gli adulti che non leggono volentieri regalano libri a bambini e ragazzi, un po’ perché i romanzi per “Young Adults” (giovani adulti) hanno un pubblico piuttosto vasto. Per YA si intendono i ragazzi compresi, indicativamente, tra i dodici e i diciotto anni, un’età che socialmente viene considerata troppo matura per dedicarsi ai romanzi per bambini, ma troppo acerba per potersi interessare ai romanzi per adulti. Per gli YA c’è un vero e proprio mercato, con generi e sottogeneri diversi; va detto, inoltre, che molti di questi libri hanno successo anche con un pubblico di ventenni, trentenni e persino quarantenni.
A distinguerli per genere c’è una tipologia che impera su tutte: il fantasy. Quando viene chiesto ai lettori di fantasy perché apprezzano questo tipo di libri molti rispondono che essi permettono loro di staccarsi dalla realtà, di fantasticare su mondi immaginari.
Eppure, andando a scavare dentro a questi fantasy, si scopre che, alla fine, sono quasi tutti dei romanzi di formazione. Contengono, infatti, gli elementi tipici che contraddistinguono il romanzo di formazione: un protagonista adolescente (o poco più che bambino) che viene accompagnato nella crescita fino alla maturità e che deve superare una serie di ostacoli che formano il carattere, sino al raggiungimento di una qualche consapevolezza di sé.
Riflettevo, quindi, su quali sono stati i grandi classici del Bildungsroman del passato. Me ne sono venuti in mente moltissimi: David Copperfield (Dickens), Renée (Chateaubriand), il Werther (Goethe), L’educazione sentimentale (Flaubert), Il giovane Holden (Salinger) solo per dirne alcuni. Pensavo, inoltre, a quali sono stati più importanti per me, con il senno di poi.
Uno tra questi lo nomino sempre, ed è forse stato uno dei più popolari romanzi di formazione per almeno tre generazioni. E’ Piccole Donne, che non è solo un romanzo per ragazze di un’altra epoca, ma, come ho avuto modo di argomentare, però, è un manifesto dell’etica protestante del lavoro. C’è un capitolo in particolare dove la madre dice alle sue “piccole donne” che i giorni passati solo a giocare e non a lavorare perdono senso e sono altrettanto negativi quanto i giorni passati solo a lavorare, senza un momento di svago. E il lavoro (per l’epoca si trattava di sistemare i fiori nei vasi, fare gli esercizi di pianoforte, cucire, sfornare un dolce per donarlo ai poveri), è il leit – motiv del libro. Mica banale. Piccole Donne dovrebbe essere ancora un lettura obbligatoria. Purtroppo pare che per i millennials il suo linguaggio sia troppo antico, allora chi mi sa dire dove è il “Piccole Donne” moderno? Quale è il romanzo moderno che ci fa intravedere che la strada dell’impegno porta con sé il risultato?
Se in Piccole Donne il contesto è la famiglia, con un salto di un secolo c’è un romanzo in cui il contesto (della formazione del protagonista) è il gruppo dei pari. E’ un romanzo degli anni ’30 del 900 ma è modernissimo e lasciò in me una impronta vivida. E’ I falsari di André Gide. I protagonisti sono tutti adolescenti, il romanzo ha almeno tre trame principali – abilmente inanellate a cerchi concentrici – e tanti rivoli secondari. E’ un giallo, è popolato di adolescenti ingenui ma doppi (Olivier, Bernard), di angeli del male, dandy e perversi (Passavant), di sensibili letterati (Eduard), di borghesi ottusi. Gide è abile nel lasciare tutto sospeso, ma, pur nell’ambiguità, la lezione del romanzo è chiara: insegna a riconoscere la falsità nell’amore, nell’amicizia e nei rapporti sociali.
Infine, un romanzo di formazione veramente immorale: quello dove emerge un individuo arrampicatore sociale ma incredibilmente fascinoso. In Le Confessioni di un cavaliere d’industria di nome Felix Krull di Thomas Mann (anch’esso un bel romanzo di formazione, rimasto incompiuto), Krull, il protagonista, prende il posto di un altro giovane, d’accordo con questo, cui i genitori offrono (certe fortune accadono solo nei romanzi) un viaggio per il mondo per fargli dimenticare la donna amata (di classe sociale inferiore).
Krull si appropria dell’identità, dei documenti e persino dei ricordi del ragazzo e, mentre quest’ultimo rimane a Parigi con la sua amata, lui viaggia, spedendo cartoline da varie città ai genitori dell’altro, imitandone lo stile e la calligrafia. Questo tema del furto d’identità è stato ripreso (o copiato?) ne Il talento di Mr. Ripley, di Patricia Highsmith, dove Ripley gioca lo stesso gioco di Krull, con la piccola differenza che lui è l’assassino che ha ucciso il ragazzo che impersona, per cui qui il furto di identità è totale: è un furto di una vita.
Tre romanzi, tre epoche, tre stili totalmente diversi. A fare il confronto con i romanzi che vedo leggere a molti adolescenti, mi viene un po’ di tristezza. Qualcosa mi sfugge dei contorni poco realistici del Bildsungroman attuale, specie del fantasy: gli adolescenti sono particolarmente attratti da storie con vampiri, zombie e temi post-apocalittici e distopici; è come se la letteratura gotica si fosse fusa con la fantascienza e facesse da unico orizzonte esistenziale, tutto di fantasia (ma niente a che vedere con la logica delle tre leggi della robotica di Isac Asimov…).
Non è solo il contesto che mi pare ripetitivo. Non c’è solo la mancanza di realismo, ma anche un deficit di ironia e di levità (i protagonisti dei fantasy si prendono tutti molto sul serio), e una certa povertà di linguaggio (il lexile level di questi romanzi è bassissimo, ne ho già scritto qui e penso ai molti adulti che leggono questi romanzi, che mostrano in tanti casi una crescente povertà lessicale).
Insomma, se la formazione dei giovani adulti si fa solo sui romanzi fantasy…quali conseguenze avrà tutta questa abbondanza di distopie sugli adulti che diventeranno? Come ti prepara Hunger Games alla vita reale? Sono sicura che c’è qualcuno che oggi sta studiando gli effetti di questa letteratura sul comportamento degli adolescenti. Vorrei sapere cosa ne pensa.
D’altro canto, forse sono io che sbaglio io. Scavando e sfrondando le inverosimili trame, anche i fantasy ruotano intorno a passioni primarie: la regola e la rottura della regola da parte del giovane (Hunger Games), la ricerca della propria vera identità nascosta (Twilight), la presenza di elementi magici ma anche di continue prove ed ostacoli da superare (Harry Potter, che peraltro è la serie meglio scritta di tutti). Forse il Fantasy è sempre stato tra noi. Non solo ha i suoi antenati nel romanzo gotico ottocentesco, ma anche nel racconto mitologico. E voi che ne pensate?
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Mia figlia i libri li sceglie sulla base di quante figure hanno. Il suo criterio è: scelgo quello che finisce prima, possibilmente sui pirati, vampiri ecc. Legge solo i libri che DEVE leggere per scuola, visto che la maestra impone ai bambini di scegliere dalla biblioteca della classe, composta dai libri portati da tutti gli alunni, un libro al mese che poi debbono saper raccontare agli altri. Di leggerne uno fuori da questo contesto, non se ne parla. Non so se faccio bene, ma sto cercando di “tamponare” scegliendo io dei libri un po’ più complessi che le leggo la sera prima di andare a dormire. Dopo la storia di Malala, che credo sia fondamentale, sto leggendole un best seller cinese, la storia di Girasole, una bambina cinese rimasta orfana, adottata dalla famiglia più povera di un villaggio rurale, in pieno comunismo. L’autore evidenzia i valori della comunità e della solidarietà. Le descrizioni minuziose e articolate introducono una complessità narrativa per lei inconsueta. Ma le piace. Poi si passerà a Piccole Donne. Vorrei che lo leggesse da sola, magari aspetto la quarta o la quinta elementare. Per lei la lettura comunque è faticosa e starebbe tutto il giorno davanti alla TV a vedere le odiose puntate di serials di adolescenti o pre adolescenti americani che trasmettono su SUPER…
Ergo…non so neanche se quando diventerà più grande si metterà a leggere i fantasy…magari! C’è il rischio che resti ancor più incollata alla TV!
Soluzione radicale: eliminare da casa la televisione. Noi non la possediamo dal 1994, senza rimpianto alcuno.
Non serve a granchè…appena arriva l’adolescenza il mondo diventa il cellulare. La televisione è un “device” monofunzione, come l’orologio da polso con le lancette… i teen vivono di “devices” multifunzione… e arriva l’epoca in cui non c’è modo di stargli dietro: se entri anche tu genitore su facebook loro vivono su instagram, se ti fai un profilo instagram loro stanno su snapchat, se vai su snapchat loro arrivano a musical.ly puoi solo incrociare le dita e, come scrivevo qui https://www.educazioneglobale.com/2015/02/adolescenti-e-smartphone-generazione-iperconnessa/, spegnere il wi fi … ma anche così non è garantito che leggano…
Tutto vero, ma perdonatemi: fra tutti i device monofunzione (bel termine, mi piace!) la televisione e’ quella di livello piu’ modesto. Rabbrividisco ancora al ricordo di certi pomeriggi trascorsi sotto il segno di Domenica In, e mi dicono che da allora le cose sono solo peggiorate…
Mi permetto di dissentire. Io ho iniziato a vedere la TV molto tardi – verso i 35 anni quando ho conosciuto mio marito, che di TV si nutriva abbastanza, e devo dire che far finta che non esiste è un estremismo – per quanto mi riguarda anche un tantino snobistico – che taglia fuori da una parte del mondo di cui facciamo parte.
Ci sono programmi, poi, come Report che sono molto utili. Ma anche “striscia la notizia” è da vedere, se non altro per comprendere che spesso le denunce passano per i mass media. La questione della Terra dei Fuochi è potentemente stata divulgata dal programma ” Le Iene”. Sanremo anche fa parte della nostra cultura.
Detto questo, attraverso Netflix io vedo dei film in lingua originale con sottotitoli in inglese, e Domitilla dei magnifici documentari.
Il PC mi spaventa. Ci devi stare proprio dietro. Ogni tanto mia figlia cerca qualche cosa su youtube e poi Dio solo sa dove va a finire….devi stare con gli occhi ben aperti.
Per l’uso del computer, mi permetto di rilanciare un suggerimento della Polizia Postale: tenerlo nel soggiorno, dove passano tutti. Se compare sullo schermo qualcosa di poco bello, se ne fa argomento di discussione. Di veramente pericoloso di per se’, in rete in pratica c’e’ solo il gioco d’azzardo on line, e anche per questo, bisogna che il bimbo abbia in qualche modo accesso a una carta di credito.
Sembra un post per mia figlia Matilde che legge tantissimo è solo Fantasy. Ho provato con i classici ma senza risultati. Al momento legge sempre a solo in italiano, ma cercheremo quest’estate di aumentare vocabolario inglese in modo da leggere. Grazie per i consigli. Proverò.
I Fantasy? Con i dovuti distinguo sono libri sottovalutati che un giorno verranno studiati nei tomi di letteratura scolastica.
I libri sono fatti per essere letti, ciò significa che più sono letti più compiono il loro dovere. Se i fantasy sono molto letti sono senz’alcun dubbio meglio di polpettoni come i “Promessi Sposi”: opera che dovrebbe essere relegato alla letteratura specialitica visto che non ha più niente a che vedere con l’oggi, anche se rimane senza dubbio molto importante.
L’unico punto che la letteratura Fantasy dovrebbe migliorare è la qualità grammaticale che in certi titoli non pecca semplicemente, ma piuttosto è da trogloditi ignoranti.
Non solo “letteratura scolastica”. L’ Odissea e’ il capostipite dei fantasy, se ci liberiamo dagli orrori del nostro approccio grammatical pedante.
Quanto ai Promessi Sposi, una delle piu’ grandi idee della mia vita e’ stata leggerlo per conto mio prima che me lo facessero odiare a scuola. E’ una bella storia, se non la uccidete con la notomizzazione retorico apologetica di ogni singolo paragrafo!
Se ci liberiamo del nostro approccio grammatial pedante hai fin troppa ragione!
D’altra parte abbiamo opere come “Il Signore degli Anelli” che prima di essere un Medieval Fantasy moderno è definito dai critici di Tolkien come Epica moderna. Per il Silmarillion, compendio di storie medio brevi su cui si basa poi la storia principale narrata nella trilogia, gli studiosi parlano di “mitopoiesi” del tutto identico a ciò che ha creato capolavori come l’Iliade e l’Odissea!
Quindi se dobbiamo allargare il termine Fantasy come suggerisci non si sbaglierebbe.
Per il resto, ammettiamolo, i “Promessi Sposi” non sono un testo scolastico ma sono, ormai, una presa di posizione ideologica. Sbagliata per definizione anche se giusta o giustificata.
Non ho mai pensato ai Promessi Sposi in questi termini, il discorso mi incuriosisce. Puoi essere piu’ preciso? cosa intendi per presa di posizione ideologica? al di la’ degli eccessi, io sapevo che si tratta di un’opera significativa per l’emersione dell’italiano come lingua nazionale in un momento in cui, a torto o a ragione, l’Italia era considerata un’espressione geografica, ma di piu’ non so. Puoi curare la mia ignoranza?
La presa di posizione idelogica non sta nella critica che si può fare all’opera in sé, nel suo contesto storico-letterario o nel suo significato all’epoca della sua stesura, ma negli “eccessi”, come giustamente li definisci, della sua valutazione odierna.
“I Promessi Sposi” è un’opera letteraria molto importante, non lo nego né mai lo negherò, sostenere il contrario è sbagliato, ma oggi, senza alcun dubbio, non è considerata nella sua giusta ottica.
Preciso: il significato che do a “presa di posizione ideologica” non riguarda la politica, o quanto meno non riguarda la politica in questa discussione. Vuol dire “incancrenirsi su una posizione, qualunque sia l’ambito trattato, rimanendo sordi e ciechi alle evidenze, magari rinchiudendosi in una considerazione propagandistica e rinunciando alle leggittime tesi a sostegno della propria idea”.
Posizione sempre sbagliata, anche se giusta o giustificata.
Oggi difendiamo (o come dici tu anatomizziamo in modo retorico apologetico ogni signolo paragrafo) “I Promessi Sposi” a costo di diventare paradossali perché abbiamo paura di avventurarci fuori dalla porta letteraria. Preferiamo rimanere attaccati allo scoglio come una cozza. Lo facciamo anche con altre materie linguistiche o letterarie.
In breve (Edit): Per il resto, ammettiamolo, “I Promessi Sposi” non è un semplice testo scolastico, ma è trattato, oggi, con un punto di vista eccessivamente ideologico. Una presa di posizione per definizione sbagliata anche se giusta o giustificabile.
PS: Quando non si presta attenzione a come si scrive perchè “tanto è internet, chissene”, accade sempre questo.
Ho capito e, ahime’, penso che la frase “presa di posizione ideologica” descriva la maggior parte dei nostri programmi scolastici…
Una chiosa: mi sono documentato sul Silmarillion, e la prima cosa che mi e’ venuta in mente e’ stato lo Zibaldone di Giacomo Leopardi, scusate se e’ poco.
La sintesi delle due opere è simile, anche se magari il loro obbiettivo è diverso. Il Silmarillion non nasce come un’opera per il pubblico, non viene ritenuta completa (e neanche aveva bisogno di esserlo) esattamente come lo Zibaldone, ma il primo affonda le sue pagine nel bisogno di creare un corpus mitologico basilare che l’Inghilterra non possedeva mentre il secondo è più che altro “l’allenamento poetico” di Leopardi per le sue opere oltre che un semplice “quaderno di pensieri e appunti”.
Ovviamente il paragone tra i due è complesso e difficile.
Tolkien, come Leopardi, è un classicista molto ben preparato, anche se il primo è Cattolico e il secondo … no (per farla molto breve).
I miti sono il costrutto su cui si crea il classicismo e su questo entrambi, volente o nolente, imbevono le mani arrivando a creare letterature decisamente diverse ma le cui radici non possono non sembrare comuni.
La natura, per esempio, è per entrambi di capitale importanza.
Sinceramente non so se ridere o vergognarmi nel paragonare l’Ermo Colle a Barbalbero … ma sostanzialmente questo è l’effetto che fa quando si sottovalutano i Fantasy moderni, relegandoli a letteratura di serie B.
Cosa che non sono!
Se c’e’ qualcosa di basso livello, e’ proprio certa letteratura per ragazzi. Penso a libri come “Perche’ mi chiamo Giovanni”. Nulla da dire sul merito, ma l’agiografia rischia di raggiungere l’effetto opposto a quello voluto. Mi ricordo, con qualche vergogna, quanto successe alle superiori: ci portarono a vedere a freddo, senza alcuna preparazione ne’ entusiasmo, la biografia cinematografica di Gandhi. Il risultato fu una noia mortale, che alla scena finale dell’assassinio si tradusse in un applauso oceanico degno del Franti di deamicisiana memoria…
Qui si tocca un altro punto dolente: l’approccio all’argomento. Sia gli autori alle loro opere che i fruitori alle opere degli autori finiscono per inciampare nei soliti difetti.
Anche io vidi il biophic su Gandhi, ma accadde in cassetta a scuola (suppongo tu intenda quello del 1982, il più famoso). Non posso dire di aver visto i famigerati 90 minuti di applausi, ma di quel film praticamente non mi è rimasto niente.
Almeno fino a quando, anni dopo, non mi trovai in mano un meravigliso libro chiamato “la voce della verità”, un testo senza autore, ne curatore o altre scemate. Semplicemente cinque righe all’inizio dove viene spiegato come non si sia fatto nient’altro che mettere in ordine gli scritti di Gandhi. Nient’altro.
Questo mi appassionò e mi portò a rivedere il film del ’82, che riuscii ad apprezzare un pò di più … se non fosse per l’approccio all’argomento del regista (inglese) in cui non fa che trasudare senso di colpa post-colonialista.
E’ inevitabile che con simili occasioni sprecate la nostra visione su qualunque argomento non risulti che sfasata.
Per fare un esempio, tornando a Tolkien, conosco tantissime persone che ritengono l’uso della lingua elfica nel film come una smargassata hollywoodiana (o un ghiribizzo dell’autore) quando in realtà si tratta di una sintesi fatta da uno straordinario linguista delle antiche lingue germaniche, sassoni o antiche inglesi. Tolkien è stato tanto “folle” da creare almeno una decina di dialetti e due lingue principali imbevendo le mani nella storia inglese come non mai.
Ma senza un approccio efficiente all’argomento non risulterà che essere solo una sciocchezza da nerd.