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Osservazioni sulla cultura olandese

Chi mi ha letto nelle settimane passate sa che nel corso dell’estate 2018 sono stata in Olanda.

L’incontro ravvicinato con un’altra cultura – sia pur percepita in modo assolutamente superficiale, come del resto accade quando si fa turismo – porta sovente a domandarsi cosa si può imparare da essa.

Ci sono casi in cui, viaggiando, i particolari della vita di tutti i giorni ci colpiscono tanto quanto i musei, i monumenti e le altre attrazioni turistiche locali. Come ho scritto in Viaggio in Olanda, la rivelazione per me ha avuto luogo a Leida, dove sono rimasta in silenziosa ammirazione del fatto che canali, marciapiedi e piste ciclabili occupassero, ciascuno, uno spazio doppio di quello previsto per le automobili, costrette ad un senso unico alternato al centro della strada. Ma anche in altre piccole città, mentre mi aggiravo per le vie d’impeccabile pulizia e invidiavo la vasta rete di canali e piste ciclabili, mi ponevo domande mai fatte prima, malgrado diversi viaggi ad Amsterdam e i molti olandesi che ho conosciuto negli anni.

Da dove scaturisce la quasi maniacale attenzione per gli spazi pubblici, la straordinaria pianificazione urbanistica, la cultura dell’inclusione, la tolleranza per la diversità e un sistema di istruzione ed universitario di buona qualità? Due mi sono parse le spiegazioni possibili.

La prima possibile spiegazione affonda le sue radici nell’etica protestante ed, in particolare, nel calvinismo (fateci caso: cultura olandese e cultura americana si assomigliano molto; del resto il protestantesimo puritano americano è più calvinista che luterano). Questa spiegazione si rifà all’importante opera di Max Weber (su L’etica protestante e lo spirito del capitalismo) e, in un certo senso, anche ad un libro più recente, di Acemoglu e Robinson, un economista ed un politologo che distinguono tra istituzioni “inclusive” ed “estrattive” (le quali, rispettivamente, favoriscono o intralciano il processo di sviluppo dei paesi cui appartengono).

La seconda spiegazione è geografica ed ha a che fare con la morfologia del paese. La geografia di un paese o di un continente può spiegare molte cose, anche in termini di sviluppo e civiltà (e sul tema molto ha scritto Jared Diamond, che in vari libri, a partire da Armi acciaio e malattie, spiega perché certi luoghi sono stati la culla della civiltà, mentre altri sono stati ai margini dello sviluppo).

Quale che sia la spiegazione (religiosa-istituzionale o geografica) ad alcune mie domande sull’Olanda ha risposto, in modo assai più elementare, un libro di poche pretese ma simpatico, dal titolo Why the Dutch Are Different, scritto da un giovane giornalista inglese, Ben Coates, il quale racconta l’Olanda e gli olandesi dal punto di vista britannico.

L’Autore non indaga troppo a fondo sulle caratteristiche dello spirito olandese (non mi pare menzioni né Max Weber né, tantomeno, Jared Diamond) ma, alla fine, libri di storia alla mano, ne spiega i tratti sia sulla base del protestantesimo, sia sulla base della geografia.

Coates ricorda che gli olandesi governarono un impero che si estendeva dai Caraibi all’Asia orientale, fondarono la città di New York e scoprirono l’Australia. Il 1600, cosiddetto “secolo d’oro” olandese, vide uno sviluppo senza pari dei commerci  e delle arti (ne ho già scritto in Viaggio in Olanda), tanto che Pietro il grande arrivò ad Amsterdam a studiare l’industria navale e ed incontrare scienziati e uomini di cultura che si erano rifugiati nel paese. Come per tanti altri paesi colonizzatori c’era poi il lato oscuro dello sviluppo: sfruttamento di risorse altrui e commercio degli schiavi, in particolare dal Suriname.

Dopo l’inizio della Riforma nel XVI secolo, il Calvinismo si diffuse in Francia, Scozia e Olanda. Ma il punto di svolta fu che ebbe un impatto notevole in quest’ultima, dove coincise con la lotta per l’indipendenza contro la Spagna cattolica, che governò questo paese dal 1556 al 1581. Nel 1573, il principe olandese Guglielmo d’Orange, il fondatore della Royal House of Orange che oggi governa i Paesi Bassi, si convertì dal cattolicesimo al calvinismo. Di conseguenza, il calvinismo finì per influenzare  l’identità nazionale, mentre il cattolicesimo rimase associato all’oppressione spagnola.

Come è ben noto, tutto il protestantesimo – sia quello luterano che quello calvinista – è caratterizzato dall’invito a leggere ed interpretare da sé le scritture anziché aspettarne un’interpretazione da parte del clero. Per questo motivo, nel periodo e nei paesi in cui il protestantesimo si affermò, si assistette ad una diffusa alfabetizzazione, che certamente portò ulteriore sviluppo ai paesi protestanti.

Come ho avuto modo di apprendere da un programma televisivo sul pittore Hans Holbein, la differenza tra protestanti e cattolici si riverbera, nei secoli, anche sulle arti. Ad esempio nella pittura. Nel mondo cattolico si riproducono scene sacre, madonne e racconti biblici; nel mondo protestante, dalla seconda metà del 1500, si afferma in modo prepotente la ritrattistica. Re e regine sostituiscono, poco a poco, le rappresentazioni religiose. I re come Gesù, le regine al posto delle madonne, il potere terreno al posto del potere celeste, lo Stato al posto della religione (ed ecco come mai a Londra c’è un museo tra i miei preferiti, come la National Portrait Gallery, che si potrebbe definire una storia britannica attraverso i volti delle persone che contavano…).

Luterani e calvinisti avevano però varie differenze: una tra queste la concezione della salvezza: il calvinista si salva lavorando e mostrando di essere un cittadino responsabile e onesto; nel luteranesimo, invece, la salvezza dipende dalla predestinazione. Dunque il capitalismo va più a braccetto con il calvinismo che con il luteranesimo (per esplorare rapidamente le differenze tra luterani e calvinisti consiglio la lettura di un articolo dell’Economist: How Martin Luther has shaped Germany for half a millennium).

A cosa servirà mai questo ripasso di storia europea e cultura religiosa? A capire – penso – quanto di calvinista rimane nella società olandese. Da un lato, la cultura dell’imprenditorialità e degli affari; dall’altro, una certa tendenza alla schiettezza, all’onestà e alla sobrietà (nei comportamenti, nel vestire).  La guida turistica che sfogliavo mentre ero in viaggio, segnalava che, attualmente, solo il 15 per cento circa della popolazione olandese è protestante.

Possono qualche centinaio di anni di calvinismo determinare le caratteristiche di un popolo? A molti sembreranno forse domande oziose o poco interessanti. Eppure si collegano ad altre domande, che riguardano la maggioranza degli italiani. Come mai dopo più di 150 anni gli italiani non hanno ancora il senso dello Stato e il rispetto delle istituzioni? Perché in Italia c’è scarso rispetto delle regole e la cura dell’ambiente circostante si ferma alla porta della propria casa? Perché tutto ciò che è pubblico in Italia diventa rapidamente sinonimo di degradato? In altre parole, cosa fa di un paese un paese civile?

Certo, nessuna cultura è priva di difetti. Si possono fare affermazioni uguali e contrarie a quelle che ho avanzato sinora: gli olandesi saranno sobri nelle abitudini…ma non certo quando bevono (sempre meglio guardarsi dagli olandesi ubriachi); l’Olanda sarà civile ma si mangia proprio male (tipica lamentela italiana, che si può applicare a vari paesi nel mondo); gli olandesi saranno schietti ma spesso lo sono sino alla maleducazione (del resto ritengono che la veridicità preceda la cortesia e l’empatia, ci ricorda il libro di Ben Coates). In particolare la schiettezza è così intrinseca, afferma l’Autore di Why the Dutch Are Different, che esiste persino una parola olandese: bespreekbaarheid (si può tradurre in inglese come speakability) che indica come tutto può essere discusso e non ci sono argomenti tabù. “Esiste un concetto completamente diverso di privacy”, afferma Coates, sottolineando la tendenza degli olandesi a discutere di argomenti intimi in pubblico. L’idea di trasparenza è così radicata che molte delle case più antiche nei Paesi Bassi hanno grandi finestre, spesso prive di tende, che consentono a chi passa di sbirciare dentro.

Insomma, gli olandesi sono schietti e diretti ma, al tempo stesso, tolleranti ed aperti. In un certo senso, l’Olanda è un paese per ribelli. Ribelli prima nei confronti della Chiesa cattolica, poi verso i dominatori spagnoli. Ribelli verso “status quo” tanto da legalizzare l’uso di droghe leggere, la prostituzione, il matrimonio gay e l’eutanasia.

Sin qui ho toccato più il tema religioso e culturale che quello geografico. Passiamo, quindi, alla geografia. Che l’Olanda è sotto il livello del mare lo s’impara già alla scuola primaria; questo fatto potrebbe aver contribuito alla sua tradizione di tolleranza, perché l’assenza di montagne significa, simbolicamente, che tutto può essere visto ed è allo scoperto. Forse questa spiegazione è un tantino sofisticata e ne esiste un’altra, più semplice. Ebbene, afferma  l’autore di Why the Dutch are different, a furia di lottare contro le acque, gli olandesi sono diventati ossessionati con il domare la natura, vista non come una madre benigna ma, semmai, come costante pericolo.

La geografia del paese avrebbe avuto anche un influsso indiretto, sulla percezione della “cosa comune” e sulla tendenza a cooperare per un fine collettivo. Molto del territorio olandese è fatto di “polder”, di pezzi di terra recuperati dal mare. Per rendere possibile la costruzione di polder e per proteggere il paese dalla minaccia del mare, gli olandesi hanno dovuto forzatamente cooperare e lavorare bene insieme (si chiama, appunto, “poldermodel”). Governo, datori di lavoro, sindacati hanno dovuto collaborare insieme per il bene comune. “Bene comune”: ecco una locuzione aliena alla cultura del familismo amorale all’italiana…

Il libretto di Coates tocca, poi, molti altri luoghi comuni e curiosità sugli olandesi.

Una è evidente, tanto da essere divenuta simbolica: tutti gli olandesi hanno una bicicletta e queste sono in totale il doppio delle auto, d’altronde il paese è piatto ed è densamente è densamente popolato, il che rende il trasporto in bicicletta molto più rapido e più privo di problemi rispetto a quello in auto.

Parlano tutti benissimo inglese grazie ai molti programmi televisivi non tradotti e ad un sistema di istruzione moderno e pragmatico (che, di recente, stanno scoprendo molti giovani universitari italiani). Forse, però, anche grazie alle caratteristiche della loro lingua, chissà. Ho fatto caso solo questa volta alla lingua olandese e ne ho tratto alcune conclusioni. Intanto che chi sa bene l’inglese è spesso in grado di comprendere, sia pur per grandi linee, testi scritti in olandese. In secondo luogo, che quella lingua ha suoni che somigliano ad un patchwork di altre lingue: ci sono suoni gutturali simili a quelli arabo-ispanici, costruzioni e suoni germanici e, tra i suoni vocalici, qualche vocale aperta e rotonda che somiglia tanto a quelle dell’inglese americano.

Infine, un’ultima curiosità. La popolazione olandese è la più alta al mondo. In media, in 150 anni gli olandesi hanno guadagnato 20 cm di altezza. Molte le teorie avanzate su questa crescita esponenziale. La principale riguarda il miglioramento delle abitudini alimentari e l’abitudine a consumare grandi quantità di carne, latte e formaggi. Ma questo non spiegherebbe perché, ad altri popoli con alimentazione simile, non è successa la stessa cosa. Oggi si tende a credere che ci sia una spiegazione che affonda le sue radici nella selezione naturale: le coppie che hanno avuto più figli sono state quelle composte da uomini con altezza superiore alla media nazionale e da donne con altezza nella media – le quali, a loro volta, sono in media più alte e hanno più figli delle madri europee. Insomma: all’Olanda ben si attaglia un proverbio italiano: “altezza mezza bellezza”.

 

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Comments

  1. Intanto un bel “mi piace”.
    Poi, un desiderio: l’accenno al buon sistema universitario mi fa venir voglia di saperne di piu’. A quando un bel post in materia?

  2. non avevo una visione completa della cultura olandese, intendo una che comprendesse il background religioso.

    Una chicca che spiega quanto gli olandesi siano spigolosi, la dà un racconto storico sulla schiavitù.

    -La schiavitù delle colonie americane aveva anch’essa i suoi “preferiti” e i suoi temuti in materia di colonizzatori.
    Ebbene, se i “migliori” erano gli Spagnoli, perché ritenuti indulgenti, i peggiori, quelli da cui guardarsi bene erano gli olandesi, ritenuti pragmaticamente violenti.-

    Un’altro interessante documento-video per capire gli olandesi è questa serie di video-interviste:

    https://www.youtube.com/watch?v=Y-esTrR7_KM

    my amsterdammers: what are dutch people like?
    i ask some of my friends to discuss whether there is such a thing as ‘what dutch people are like’. lots of theories. (me i agree with tommy the drummer near the end.)
    http://www.youtube.com

    per risalire alle altre 4/5 interviste basta seguire i link.

    Ad ogni modo, per quanto possa sembrare di primo achito spontaneo vendere l’Italia, al primo passante in cambio dell’Olanda. In un secondo momento, la latitudine, e quindi intendo il fattore clima, sembra avere un peso negativo insostenibile per le persone che hanno raggiunto un costante livello di benessere.

    Giuseppe

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