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Scuola Bilingue: tutto quello che avresti voluto sapere e non hai mai osato chiedere…

Italiani e lingue straniere: da sempre un rapporto difficile. Rispetto a molti paesi del nord europa, gli italiani parlano altri idiomi poco e male e anche i ragazzi italiani non conoscono le lingue straniere, (neanche l’inglese che – pure – è onnipresente).

Con ciò si capisce come mai, i genitoriche possono permetterselo, vadano cercando un’offerta formativa più aperta alle lingue straniere per i loro figli, fin dalla più giovane età.

Oltre a corsi di lingua, viaggi all’estero e baby sitter e au pair straniere, la scelta si focalizza, sempre di più, sulle scuole che offrono una didattica – o parte di essa – in lingua straniera, ossia sulle scuole internazionali e sulle scuole bilingui.

 

 

Cosa significa “scuola internazionale” e cosa “scuola bilingue”?

Cominciamo subito con il dire che non esiste una vera e propria definizione normativa e, dunque, è sull’esperienza e sullo studio attento dei programmi didattici offerti che bisogna basarsi.

Una scuola internazionale vera e propria è una scuola che afferisce al sistema di istruzione di un altro paese rispetto a quello ospitante. Potrà essere inglese, americana, francese o tedesca. Potrà essere persino cinese, come la SIIC – Scuola internazionale italo cinese, che sta aprendo a Padova (un segno tangibile del rinnovato interesse per il cinese mandarino, di cui si è parlato qui).

La lingua, il metodo didattico e i programmi saranno quelli che afferiscono alla cultura prescelta, secondo le norme e le prassi del paese cui la scuola si riferisce. Insomma: la scuola internazionale britannica seguirà il National Curriculum britannico mentre quella francese seguirà le norme stabilite dal Ministero dell’Istruzione francese e così via. In queste scuole, solitamente l’italiano è studiato come una seconda lingua (L2), sia pur tenendo conto del fatto che i bambini crescono in Italia e, spesso, hanno entrambi i genitori italiani. Ma della scuola internazionale vera e propria scriverò in un altro ‘post’.

C’è poi la scuola bilingue.  E qui la questione si complica.  Il modello della scuola bilingue si è andato affermando, negli ultimi anni, nelle grandi città di Italia per rispondere ai bisogni di una conoscenza più approfondita dell’inglese. Esso deve parte del suo crescente successo all’incapacità della scuola pubblica di insegnare le lingue straniere.

La scuola bilingue è una scuola che, di base, segue il programma ministeriale italiano e che è privata, ma può essere anche paritaria (o parificata) ossia – benché privata – essere riconosciuta come equivalente a quella pubblica. La principale conseguenza di tale “parificazione” è che gli allievi delle scuole paritarie non necessitano di sostenere esami “da privatista” per l’eventuale rientro nella scuola pubblica italiana, come invece accade a quelli delle scuole private non parificate.

La scuola bilingue si autodefinisce tale perché la lingua straniera (solitamente l’inglese, ma vi sono anche scuole bilingui con il francese o con il cinese) è molto più presente che nella scuola pubblica e perché viene insegnata da docenti madrelingua. Ma quanto “più presente?”.

In mancanza di una definizione normativa, il mondo delle scuole “bilingui” è un po’ una giungla, per cui bisogna tenere gli occhi aperti. Alcune scuole si autodefiniscono ‘bilingui’ ma poi offrono solo 4 ore settimanali in più in inglese rispetto ad una scuola pubblica. In quest’ultimo caso, semmai, sarebbe più corretta la dizione “ad inglese rafforzato”.  Insomma, 4 ore settimanali in più di inglese non bastano a definire una scuola come “bilingue”.

A mio parere ne servono almeno una decina in più perché una scuola possa autodefinirsi “bilingue” (e se si arriva ad un totale di 15 o 16 ore settimanali di/in lingua è meglio). Insomma bisogna dedicare all’altra lingua e alle materie in lingua circa quasi lo stesso monte ore di lezione all’italiano. Inoltre, ma è quasi scontato dirlo, i docenti devono essere madrelingua (o almeno “near native speakers”) e l’intera lezione deve svolgersi in lingua. E’ bene quindi che i genitori interessati a questo tipo di scuola chiedano informazioni dettagliate sulla quantità di ore DI inglese e IN inglese per i vari anni accademici e si informino su tutti gli aspetti (ad es. se le insegnanti sono madrelingua, se la scuola è paritaria ecc…)

E’ ovvio che una scuola di questo genere richiede una giornata scolastica lunga. Il tempo pieno è d’obbligo ed è veramente “pieno” e i libri e i materiali sono quasi il doppio di quelli richiesti da una scuola monolingue. Insomma, come si può capire, una scuola bilingue che sia seria, ha necessariamente il tempo pieno ed è abbastanza impegnativa per i bambini che la frequentano.

Nel modello bilingue, le due lingue vengono adoperate nell’insegnamento di tutte le materie scolastiche. Cosicché, un bambino studierà alcune materie (matematica, storia o scienze) sia in inglese che in italiano oppure, a seconda dell’approccio seguito dalla scuola, farà alcune materie in inglese (ad esempio scienze, arte o tecnologia informatica) e altre in italiano. Oppure, ancora, farà in inglese attività che normalmente sono extracurriculari, come musica, teatro o scrittura creativa (di quest’ultima si è parlato qui). Questo sistema non solo favorisce e sviluppa la capacità di apprendimento di due lingue ma anche l’ampliamento dei propri orizzonti mentali e l’apprezzamento per altre culture.

Il modello didattico delle lezioni di lingua e in lingua sarà, ovviamente, quello “comunicativo” o “ad immersione”. I docenti madrelingua, in altre parole, non traducono da una lingua all’altra ma si comportano come nelle scuole internazionali e si esprimono direttamente in inglese. Pertanto, come per le scuole internazionali, prima si inizia e meglio è (persino all’asilo nido). Per questo motivo, le scuole bilingui serie accolgono bambini italiani solo se piccoli (o già bilingui).

In molte di queste scuole, come nelle scuole internazionali, vengono adottati riti e usi dei paesi cu la lingua afferisce (così, per le scuole in lingua inglese, magari si festeggia la festa di Halloween o il Giorno del Ringraziamento). Talvolta vengono adottati i criteri didattici del paese cui ci si riferisce, come, ad esempio, un sistema di specializzazione dei team docenti per età.

 

Vantaggi e svantaggi delle scuole bilingui

Il vantaggio di una scuola bilingue, rispetto ad una scuola internazionale, è che vi è meno sradicamento dalla cultura italiana. Spesso, inoltre, le scuole bilingui hanno rette più contenute di quelle internazionali. Inoltre, se la scuola bilingue è paritaria non ci sono problemi con il trasferimento nella scuola pubblica italiana, in qualsiasi momento esso si rendesse necessario. Considerando il fatto che il bambino avrà acquisito capacità e conoscenze delle varie materie avvalendosi di entrambe le lingue, egli dovrebbe poter integrarsi in un sistema scolastico monolingue senza bisogno di ricorrere a corsi di recupero, né per quanto riguarda la lingua né per quanto riguarda la conoscenza delle specifiche materie.

Gli svantaggi, rispetto ad una scuola internazionale, sono un apprendimento molto più lento della lingua straniera, le incerte qualificazioni dei docenti e l’impossibilità di acquisire competenze e certificazioni proprie di altri sistemi scolastici, che potrebbero favorire la mobilità dell’allievo o dello studente in altri paesi o sistemi (GCSE ed A levels per la scuola inglese; American Diploma, SAT, APs, per la scuola americana; IB per entrambe i sistemi): l’alunno delle scuola bilingue rimane fuori da questo mondo, proprio perchè il programma svolto è principalmente quello della scuola italiana.

Poichè quello delle scuole bilingui è un fenomeno nuovo, un errore da non fare è quello di ritenere che siano tutte eguali: non è vero, ognuna fa storia a sè, pertanto attenzione alla scelta!

Inoltre, poichè attraggono perlopiù famiglie italiane, la conseguenza è che il programma bilingue si inserisce in un contesto monolingue. Fate un giro in una scuola bilingue e vi accorgerete che i ragazzini sono per il 95% italiani (e l’altro 5% è magari cinese, arabo, francese o spagnolo ma quasi mai inglese, irlandese, australiano o canadese). Ne consegue che, se non accompagnato da un percorso famigliare e da appositi rinforzi, il bilinguismo cui si giunge è un bilinguismo artificioso: l’altra lingua (altra rispetto all’italiano) rimane ‘una materia’.

Insomma, so che “scuola bilingue” suona bene, tuttavia è bene sfatare un paio di miti: le scuole bilingui non sfornano automaticamente bambini bilingui ma, per arrivare ad un bilinguismo bilanciato, è necessario supportare il bambino in questo cammino con altri strumenti: dai summer camp in inglese o all’estero alle ragazze alla pari. Il cartone animato o la soap opera in inglese è utile, ma non basta.

L’essenziale, io credo, è che, quando si scelgono queste scuole, vale la regola per cui prima si inizia e meglio è ed, in secondo luogo, vale anche la regola che se il genitore non conosce bene quella lingua e quella cultura straniera è la sua occasione – ma è anche suo dovere –  quello di mettersi a studiarla o cercare di migliorarla. Ciò sia per seguire il figlio sia linguisticamente, sia – non lo dimentichiamo – culturalmente: infatti non basta sapere l’inglese, occorre conoscere il modo con cui, in un’altra lingua e cultura, si pensa, si concepisce il mondo.

Scegliere una scuola bilingue senza conoscere minimamente la lingua che vi si parla è un po’ azzardato. Come farà quel genitore quando dovrà aiutare il figlio con i compiti? Occorre proiettarsi nel futuro e pensare anche a quello che succederà tra tre o quattro anni.

Occorre infine tenere presente che ci sarà una fase ‘silente’: quella in cui la lingua straniera viene vissuta solo passivamente e il genitore ansioso, non vedendo risultati immediati, si chiederà se vale la pena di fare questo investimento in istruzione.

State tranquilli: la lingua straniera, specie se introdotta dopo i 3 anni (o addirittura più tardi) ci mette un po’ a ‘sbocciare’. Non è forse così anche per la prima lingua (ossia la lingua madre)? Il neonato non vive in un mondo di silenzio ma, sin dalla nascita, vive in un mondo di parole: eppure ci metterà tra i nove mesi e i due anni prima di riuscire a riprodurre (e a produrre) le prime rudimentali parole…quindi l’indicazione per il genitore ansioso è: date a vostro figlio almeno un anno e mezzo di tempo prima di giudicare quanto ha acquisito!

 

E per chi la scuola bilingue non se la può permettere?

Ebbene, seppur lentamente, anche nella scuola pubblica qualcosa si sta muovendo. Alcune scuole bilingui pubbliche esistono da tempo in zone territoriali circoscritte e servono a tutelare una lingua ufficiale, anche se minoritaria, nello Stato italiano: è il caso delle scuole bilingui italiano – tedesco dell’Alto Adige.

In altri casi è la scuola italiana che si sta lentamente adeguando ad un modello più internazionale, con maggiore o minore successo. In teoria, almeno per la scuola secondaria di secondo grado,  già dal 1999 è stato introdotto, in via opzionale, il metodo CLIL (Content and Language Integrated Learning). Hanno iniziato i licei offrendo gli IGCSE ma ora anche le scuole primarie e secondarie di primo grado italiane adottano il programma Cambridge.

Non si tratta solo di scuole paritarie; in alcune grandi città, alcune scuole statali (primarie e secondarie) stanno adottando, in aggiunta ai programmi italiani, i programmi denominati “Cambridge Primary” e “Cambridge Secondary” per ampliare l’offerta formativa in lingua inglese (e di materie in inglese). Non vi aspettate miracoli, però meglio di niente!

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Comments

  1. A Roma nord, scuole italiane (private) con potenziamento dell’inglese (con insegnanti madrelingua) e programma Cambridge: dalla materna al liceo, forse tra le più vicine ci sono (via del Vignola) l’Istituto Villa Flaminia (lasalliana) e ai Parioli (zona piazza Euclide) la Giuliana Falconieri. La seconda costa meno del Villa Flaminia e il Villa Flaminia costa meno della classica Marymount bilingue di Via Nomentana. Tra le due, da esperienze molto vicine ti posso dire che la Giuliana Falconieri ha un ambiente più sobrio e l’inglese si fa molto, molto bene. Il Villa Flaminia lo ha frequentato mia figlia alla scuola materna (bilingue). Gli spazi sono molto belli e alle elementari una chicca è il nuoto durante l’ora di motoria. Molte mamme con borse firmate, ma devo dire che io alla scuola materna di mia figlia ho avuto modo di stringere amicizia con delle persone deliziose e con dei valori profondi che continuo a frequentare anche se le nostre strade, dal punto di vista scolastico, si sono divise.

    1. Grazie Lavinia. Le scuole che mi citi sono vicine ma purtroppo con il traffico che c è la mattina si rischia di impiegare anche un ora. Dovrò valutare anche le internazionali che sono più raggiungibili. La prox settimana vedrò il Kindale. Elisabetta ogni tuo input sarà prezioso. Grazie saluti

  2. Buongiorno a tutti, mi inserisco un po’ a gamba tesa fra questi commenti..vi seguo da un po’ e dovendo scegliere la scuola primaria per mio figlio i vostri pareri e le vostre esperienze sono tutte per me davvero preziose. Mi permetto di dire, cara Lavinia, soprattutto le tue: le scuole che citi e quella che ho letto è la scuola attualmente frequentata dalla tua bambina sono le tre che sto valutando. Dal momento che hai il polso della situazione ti sarei davvero grata per un tuo parere sulla didattica (Villa Flaminia ad esempio, inglese e struttura a parte che alla primaria ha un peso diverso rispetto alla materna, vale la pena? Stessa cosa per la Santa Giuliana, anche io ho sentito ottime cose circa l’inglese…ma il resto?) e sull’attenzione all’individualità dei bambini (il CN so che punta molto facendo gran bene sul rispetto, per se stessi, gli altri e le regole). Ti chiedo e vi chiedo scusa per queste domande forse troppo dirette, ma è davvero difficile trovare genitori che possano comparare per esperienza diretta diverse fra le realtà che sto valutando. Buona giornata e grazie mille!

    1. Cara Ennelle,
      sono molto felice di poter esserti utile. Allora, per quanto riguarda la scuola Giuliana Falconieri, ho diverse ex compagne-i di asilo di mia figlia che si sono spostate da Villa Flaminia per frequentarla. Le ragioni della scelta attengono principalmente all’organizzazione del programma di inglese che è apparsa a tutte le famiglie molto ben fatta (faceva capo a Kid’s world e il “capo” Simon pare sia davvero molto in gamba), e alla ricerca di un ambiente un po’ più familiare dell’Istituto Villa Flaminia. La Falconieri è una scuola di suore (con insegnanti laiche) di grandissima tradizione. I valori sono molto sentiti.
      La didattica: le mie amiche sono contente ma so che nella classe dei loro figli (seconda elementare) ci sono pareri discordanti. In linea di massima mi sembra che il livello sia buono…considera che grazie al passa parola e alla soddisfazione dei genitori stanno aumentando le sezioni! Ma invito le lettrici del sito dirette interessate magari a fornire dei commenti più precisi.
      Per quanto riguarda Villa Flaminia, la didattica è buona e la scuola è organizzata bene. L’unico neo, come accennavo, è l’ambiente. Non di rado il tenore di vita delle famiglie è piuttosto alto e si tende, ad esempio, a organizzare feste di bambini che sembrano dei “piccoli eventi”. E’ una delle ragioni per cui alcune mamme (tra cui me) si sono allontanate dall’Istituto. Personalmente, non volevo che mia figlia (unica) si confrontasse con dei standard così elevati: non sono i nostri.
      Io come ho più volte scritto sul sito, ho deciso di optare per una scuola pubblica un po’ speciale (Convitto nazionale) , che ha un programma di internazionalizzazione (attenzione particolare allo studio delle lingue, ma soprattutto, dalle medie alle esperienze scolastiche all’estero). Nessun paragone con le scuole private bilingue sopra citate: l’inglese si fa due ore a settimana e basta. Tre dal prossimo anno (più un’ora di francese ed una di….cinese!).
      In tema di didattica, io sono felicissima della scelta: Domitilla ha una maestra bravissima. Forse nelle scuole pubbliche da questo punto di vista se vai nelle scuole di maggiore tradizione (tra le migliori: la Pistelli a Prati e la Lante della Rovere a Via Tevere) puoi incontrare delle eccellenze che difficilmente puoi trovare nel privato. Comunque, parlando di scuole private, le due che ti interessano sono quelle, a mio avviso, che garantiscono una particolare attenzione allo standard della didattica.
      Un’ultima osservazione. Tra le scuole private, da più parti mi è stato detto che la migliore in tema di didattica è il S. Giuseppe De Merode (piazza di Spagna). Credo che anche lì ci sia il programma Cambridge per l’inglese. L’ambiente è buono, meno “appariscente” di quello di Villa Flaminia. Un’ex compagna di mia figlia dopo l’asilo si è spostata al S. Giuseppe e si trova benissimo.
      Spero di poter esserti stata di aiuto. Ma se hai altre domande sarò felice di risponderti.

      1. Grazie Lavinia, mi trovo molto in linea con i tuoi commenti. Volevo sapere se hai feeback, o se ne ha qualcuno dei lettori ,sull’Asisium o sul Calasanzio. Scuole private di Roma nord che non hanno potenziamento dell’inglese. Grazie saluti

      2. Cara Lavinia, ricapito qui dopo quasi un anno..e che dire, alla fine sbarcheremo anche noi nella “vostra” scuola! Ancora grazie per i tuoi preziosissimi consigli, ci sono stati davvero di aiuto. A presto!

  3. Lavinia buongiorno, davvero non so come ringraziarti! Diciamo che sono arrivata alla mia ristretta rosa per esclusione: in questo, Elisabetta, questo blog e tutti voi che commentate mi siete stati utilissimi. Da un nido privato meraviglioso ho optato per una materna pubblica, in cui non ho ritrovato ne la pubblica che conoscevo e in cui ho sempre profondamente creduto ne tante delle cose che sempre ho dato per scontate e che a mio avviso molto hanno penalizzato mio figlio e i suoi compagni. Non mi addentro sul doloroso discorso inerente gli effetti dei tagli sulla pubblica istruzione: in tanti ne avete scritto prima e meglio di me. Ma credimi, mi ha fatto davvero male constatare con mio figlio quanto sia difficile avere accesso a una buona istruzione pubblica di base cosa che, perdonate la superbia, posso convintamente asserire mi sia stata data insieme al mio diritto all’istruzione. Mai avrei pensato di considerare le private, che per la mia formazione, e probabilmente a torto come sempre nei pregiudizi, era legata al “comprare” un certo titolo di studio o al frequentare “ambienti bene”. Vengo a me: fondamentale l’inglese, io l’ho dovuto rincorrere da grande e con la fretta di poterci subito lavorare, non voglio mio figlio debba fare la stessa fatica, come non voglio, in un mondo che sarà sempre più naturalmente proiettato all’esterno, che mio figlio sia privato di una chiave di interpretazione della realtà (“altra”, linguisticamente e culturalmente parlando). Vorrei rimanesse nel sistema italiano, la bilingue o a inglese rafforzato mi intriga molto, ma il mio timore (quello che mi ha spinto a scriverti e chiederti sfrontatamente opinione!) è che per rincorrere e magari ottenere un ottimo inglese al bambino non vengano date buone e solide basi nelle altre materie di studio (ad es., come verificare il cv degli insegnanti di una privata? Conosco personalmente il “percorso” che ha dovuto fare chi ha avuto accesso all’insegnamento pubblico italiano e so bene quanto sia duro e selettivo). L’idea di internazionalizzazione del CN la trovo davvero interessante, non concentrata sul solo inglese ma anche su altre importanti realtà (il francese e soprattutto il cinese, studiato da anni negli USA). E’ un programma ambizioso e diverso il loro, che unito alla loro ottima didattica ne farebbero per me la prima scelta..ma sappiamo bene come entrare non sia semplice. Devo dunque avere un piano B: la Pistelli per chi non sia del quartiere è praticamente esclusa, la Lante della Rovere per me è un po’ più complessa da raggiungere. Fra le mie private di zona, appunto, quelle di cui parliamo (e capisco in pieno le tue perplessità sull’ambiente). Staremo a vedere…per ora ancora grazie, sei stata gentilissima!

  4. Buongiorno

    Sono il papà di un bambino di due anni finora tenuto a casa con Tata italiana.
    Il prossimo anno vorrei segnarlo ad una scuola  inglese (no Ita) per fare i tre anni prima delle elementari (6 ore al dì). La scuola è vicino e il
    prezzo esorbitante è gestibile per tre anni. Successivamente, per le
    elementari, non essendo vicina nessuna scuola del genere, e anche per
    motivi economici, dovrebbe andare ad una pubblica italiana.
    Consapevole che il percorso completo sarebbe ottimo, ma non è percorribile,
    la mia domanda è se tutto questo ha un senso, considerando inoltre che la
    madre ha vissuto dieci anni a Londra, e che ovviamente Il bambino continuerebbe con
    dei corsi avanzati di inglese il pomeriggio, o il sabato.

    Grazie a chi mi risponderà e vorrà condividere esperienze simili.

  5. Caro Dino, ti scrivo quel che pare a me sulla base della mia esperienza: i miei figli frequentano da otto anni (dalla Nursery alla attuale Primary 5) una scuola internazionale inglese, ed ho piu’ o meno visto cosa e’ accaduto a chi la lascia.
    Ti evidenzio che questa e’ comunque una esperienza limitata: non ho pretesa di enunciare verita’ assolute.
    Cio’ posto, non smentisco la mia fama di politically uncorrect, e ti dico: risparmia i soldi. Quello che il tuo bimbo acquisirebbe, passando alla scuola convenzionale, pubblica o no, va perso in un anno. Per lo meno, a tutti quelli che ho visto lasciare la nostra scuola e’successo cosi’.
    Detto questo, don’t panic. Se i denari per la scuola internazionale non ci sono, si puo’ comunque raggiungere in modo sostenibile un livello di inglese piu’ che decente con un uso oculato delle risorse a disposizione
    In primo luogo, vorrei capire: tu dici che la mamma ha vissuto dieci anni a Londra. Non capisco pero’ quale sia il suo livello: parla inglese col bimbo a casa?
    Questo a parte, io ti consiglierei di impostare da subito lo studio dell’inglese attraverso i corsi extra di cui parli: la mamma potra’ senz’ altro individuarne uno serio. Tenete pero’ in mente che deve essere una cosa continuativa, due orette alla settimana servono a nulla, e soprattutto sostenibile. E’ come la palestra: se smetti o rallenti troppo, ti afflosci. Il problema e’, e scusa se continuo ad essere politicamente scorretto, fare delle scelte. Soprattutto piu’ avanti, l’ora di inglese diventa una delle centomila “attivita'” che si incastra a fatica fra calcetto/basket/hiphop/danza/catechismo/sushi,sashimi, tataki e sudoku, e cosi’ sempre secondo la mia esperienza, serve a nulla.
    Per qualsiasi cosa, sono qui. In bocca al lupo!

  6. Ciao Dino, concordo in pieno con quello che ha scritto Francesco. Per l’inglese, o segui tutto il percorso in una internazionale (o anche bilingue, credo) oppure tre soli anni di materna sono soldi sprecati.

    Personalmente, non avendo trovato particolarmente accattivante e valida la didattica extra-inglese dell’unica scuola internazionale che ho vicina (praticamente attaccata a casa, peraltro), ho deciso di risparmiare quei soldi, iscrivere mio figlio ad una pubblica con due soli rientri pomeridiani, e usare gli altri 3 pomeriggi (dalle 14 alle 16:30) per fargli fare inglese in una scuola extra/di lingue, in modo da coprire quello che sarebbe un “tempo pieno” classico (fino alle 16-16:30 tutti i giorni, per capirci) con un inglese fatto bene (ad hoc per lui, che comunque bilingue passivo lo è già, individuale, così da massimizzare la resa in base alle sue capacità, etc.) ed evitare che effettivamente l’ora di inglese rimanga una delle molteplici attività infilate nel tardo pomeriggio (in cui, giocoforza, l’attenzione dei bambini è limitata…un conto è nuotare alle 5 di pomeriggio, d’inverno, col buio, etc., un altro è fare inglese in un’aula, magari da solo…). In questo modo, più o meno, credo/spero di raggiungere un livello di inglese paragonabile a quello di una scuola internazionale, considerando però che ho anche una babysitter madrelingua EN circa 18 ore/settimana, perciò, da quando si esce da scuola alle 19:30 circa a casa noi si parla tutti solo EN, indipendentemente dal fatto che passino a trovarci i nonni, i vicini di casa, si vada al supermercato, in piscina,ai giardinetti etc…

    I fratelli seguiranno lo stesso percorso.

    Avendo io tre figli, a consuntivo a fine anno, babysitter + scuola inglese mi costa meno di 3 rette di scuola internazionale, mi sembra che l’inglese sia comunque ben sostenuto, ho una didattica in italiano/matematica/scienze etc. che mi pare complessivamente migliore delle units of enquiry dei programmi IBO della mia scuola vicina a casa o dei mix programma nazionale inglese + integrazioni di italiano L1/L2 per fare l’esame di quinta elementare/terza media + cane che vola etc… quindi, per ora, sono soddisfatta della scelta.

    Sta a te valutare come preferisci impiegare le risorse che volete dedicare ad un, chiamiamolo, “progetto inglese” per tuo figlio. In bocca al lupo per la scelta!

  7. Caro Dino, se hai la disponibilità di una stanza e di un bagno in più a casa, considera anche l’opzione aupair. Per noi è stata molto utile. Elisabetta ha scritto dei post utilissimi al riguardo. Ciao e in bocca al lupo!!!

  8. Vale, il tuo programma mi sembra molto ben fatto! Due domande: quando fanno i compiti nei tre pomeriggi? Dopo l’inglese? Ce la fanno? Seconda domanda: come hai trovato una baby sitter inglese? Quali sono grosso modo i prezzi? grazie!

  9. Ciao Lavinia, grazie :o)

    Iil bimbo nei tre pomeriggi fa i compiti esattamente come negli altri due pomeriggi in cui resta a scuola, e come fanno gli altri bimbi del tempo pieno. Poi, per carità, per ora siamo proprio solo all’inizio e vedremo come andrà negli anni, ma indicativamente non c’è uno schema fisso; a volte inglese può essere dalle 15 alle 17, e allora fa qualche compito prima, a volte fa solo un’ora e mezza di inglese, insomma, è variabile.

    Considera che la resa di una lezione di inglese individuale, su un bambino che già “sente” inglese da quando aveva 2 anni e lo “vive” un po’ come lingua quotidiana, ha una resa molto molto maggiore della stessa ora in classe, quindi, a parità di risultato da raggiungere, occorre meno tempo “sul banco”.

    E’ un po’ come per l’italiano: tutti i bambini di una scuola italiana imparano a leggere,scrivere, fare i temi, l’analisi grammaticale etc. a scuola, anche se arrivano in prima elementare che sanno più che parlare e capire. Ebbene, se a quegli stessi bambini si immaginasse di far fare delle lezioni individuali, avrebbero bisogno di molte meno “ore” per raggiungere i risultati che ottengono con le 7-8 ore settimanali di italiano scolastico.

    Poi, questo non si fa perché la scuola in Italia è obbligatoria (non è vero, è obbligatoria l’istruzione, e infatti è ammessa anche l’educazione parentale, ma è una scelta diciamo poco diffusa) e quindi bisogna mandare i figli a scuola, non si fa perché è giusto che i bambini non siano reclusi in casa ma abbiano dei compagni, non si fa perché la scuola ha una valenza anche sociale, di relazioni di gruppo, etc…ma da un mero punto di vista di didattico, 8 ore di gruppo. in 20 bambini, sono forse equivalenti a 3-4 individuali.

    Ora, io ho fatto questa scelta dell’individuale sull’inglese (non certo sull’italiano, infatti lo mando a scuola…) perché i costi per le 8 ore di gruppo erano troppo alti e non mi piacevano le rimanenti 22 ore settimanali delle altre materie.

    Per la babysitter inglese sono stata molto fortunata: su un giornale locale ho trovato un annuncio di una ragazza che si offriva per lezioni di EN. La mamma è EN, il papà no, ma a me interessava che almeno la madre fosse un’inglese. Ha studiato a Roma in una nota scuola britannica perché i suoi genitori vivevano lì, ha fatto l’università a Londra, ha vissuto in UK per anni, ha fratelli, zii, nonni lì…e si era trasferita nella mia cittadina per amore, a 2 minuti a piedi da casa mia! Ha proprio un accento british, anche perché, per dire, con sua mamma parla EN sempre.Di fatto, era rimasta senza lavoro, e ora la impiego io, assunta con contratto, TFR, contributi, ferie, malattia pagata etc.., insomma, un lavoro vero e proprio. Cmq, indicativamente, l’equivalente di 15 euro/ora.

    Penso che, se ho trovato qsa io che abito in un buco di città, a Roma sia molto più facile (e infatti, vi invidio un po’ per la grande offerta che avete…). Ciao!

  10. Vale sei stata super esauriente! Grazie di cuore. E grazie ancora ad Elisabetta per la preziosa possibilità di scambio che offre il suo blog!

  11. Prima di tutto grazie per le risposte celeri. Quindi voi dite che fare tre anni di asilo solo inglese, e poi passare ai corsi di cui parlate non varrebbe la pena? Lo domando solo perché immagino che partirebbe da corsi molto più avanzati con la possibilità di una crescita maggiore. A proposito qualcuno con esperienza ise kiddy english Milano?

    1. Devi trovare il modo di mettere tuo figlio, per un certo numero di ore al giorno, in una condizione di immersione nella lingua (parlata/vissuta), necessaria perché si abitui ai suoni e la comprenda (così come gli parli in italiano da quando è nato, sente i discorsi delle persone attorno a lui, etc.).

      Un corso di lingua, per quanto avanzato, non riproduce in alcun modo un contesto di vita (come può essere una scuola, in cui ascolti le lezioni ma vai anche in mensa, esci in giardino, ti devi vestire, vai a fare ginnastica etc… o una vita “casalinga” in cui vai al mercato, attraversi la strada, guardi le vetrine, vai in piscina…e nel fare tutte queste cose, in entrambi i casi, parli, gridi, sussurri, senti tre discorsi in contemporanea che si sovrappongono, etc. ).

      Il corso di lingua, se il bambino avrà poi raggiunto almeno un livello passivo, dovrà essere strutturato come le lezioni di italiano della scuola pubblica o come le lezioni di inglese in una scuola internazionale, per imparare a leggere e scrivere, e non essere il classico corso di lingua come lo intendiamo noi adulti (il corso che potrei frequentare io per imparare lo spagnolo, con l’apprendimento dei saluti, la forma del verbo essere o avere, etc.).

      Un corso di inglese così va bene per bimbi che non “sanno” l’inglese, non per bimbi che magari sono anni che salutano in inglese o che parlano/parlottano/ascoltano, e non hanno certo bisogno della tabellina I am/you are/etc. (così come in prima elementare nessuna maestra propone lo studio di “ciao/buon giorno/come stai etc.” per insegnare i “saluti” ai bambini).

      Non mi preoccuperei invece troppo dei sentimenti del bambino nel dover lasciare la scuola internazionale (potreste decidere per i tre anni di materna lì perché vi piace l’idea di conoscere degli stranieri/la scuola vi è comoda/etc. e affiancare un’aupair con cui continuare dopo, per esempio).

      Moltissimi bambini cambiano tra materna ed elementare tra istituti/realtà/città diverse senza problemi, e se gli si presenta il cambiamento nel modo giusto non vedo perché dovrebbero avere problemi (certo se uno esordisce con “purtroppo dobbiamo lasciare questa scuola bellissima perché è troppo cara, peccato perché non ne troveremo mai più un’altra simile”, odieranno ogni altra nostra scelta).

      Detto questo, ma qui parla la mia natura da sergente, se dovessi dar retta a tutte le preferenze volanti dei miei figli non arriverei viva a sera…io sono molto rigida su questo ma credo che esista un tempo in cui i genitori devono decidere per i figli, punto, e che questo tempo non termini con 3 anni di vita del pargolo.

      I bambini hanno diritto a qualcuno che scelga per loro, è l’unico vero privilegio dell’infanzia, ma noto spesso che gli adulti, per un male-interpretato senso di libertà, credano sia meglio farli esprimere su tutto. Un bambino ha diritto a non doversi preoccupare se mangiare pasta o riso a cena, perché c’è qualcuno che decide per lui, così,a maggior ragione, ha diritto a qualcuno che scelga la scuola o il corso più adatto a lui. Ma qui entriamo in un altro ambito che non c’entra con questo discorso…

  12. Caro Dino, mi spiace dirlo ma l’apprendimento per immersione fin da piccoli e i corsi sono cose diverse. Per capirci, io sono madrelingua italiana, ma a un corso di italiano farei fatica. Oltretutto, con l’asilo internazionale c’e’ una grossa fase silente: rischieresti di vedere i primi risultati proprio quando stai per abbandonare. Senza contare che, se al bimbo la scuola internazionale piace, lasciarla e continuare con un corso potrebbe ingenerare risposte non favorevoli

  13. Caro Dino, cari tutti, Dico la mia.
    Concordo in linea di massima che le lingue si perdono presto nei bambini così come si apprendono.
    Io ho attuato un piano simile a Vale solo che invece della au pair c’ero io e ha funzionato benissimo per tutte le elementari. Facendo il tempo pieno senza compiti, una volta a casa si passava all’inglese senza esagerazioni (se scappava la discussione in italiano, pazienza!). Scuola di inglese (molto valida) il sabato mattina.
    Il meccanismo si è ahimé inceppato quest’anno con la prima media. La poderosa massa di compiti a casa ha soppiantato le nostre naturali e casalighe conversazioni. Neanche le letture con i graded books che facevamo la sera (Sherlock Holmes, Iron man, ecc.) siamo riusciti a portare avanti.
    Quindi, occhio all’organizzazione. Tutto sommato credo che un buono start iniziale aiuti, poi la parte più critica viene dopo con i maggiori impegni scolastici e le altre attività come dice Francesco. Anche i ragazzi, dopo, ti seguono molto meno, salvo poi vedere da adolescenti quando cominciano a viaggiare da soli, che bel regalo gli abbiamo fatto!

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